Positivi due dipendenti di Picenambiente: «Lasciati soli, nessun tracciamento e familiari senza tamponi»

San benedetto, positivi due dipendenti di Picenambiente: «Lasciati soli, nessun tracciamento e familiari senza tamponi»
San benedetto, positivi due dipendenti di Picenambiente: «Lasciati soli, nessun tracciamento e familiari senza tamponi»
di Alessandra Clementi
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Martedì 20 Ottobre 2020, 04:25

SAN BENEDETTO - Operatori della Picenambiente positivi ma l’Asur non avrebbe rintracciato gli ultimi contatti, né eseguito tamponi alle famiglie.

Denuncia che arriva dai consiglieri Marzo Curzi e Rosaria Falco i quali puntano il dito verso l’Area vasta cinque e verso i sindaci dei Comuni soci della società che si occupa dei rifiuti urbani. 
 
I due consiglieri del Gruppo Misto raccontano come di recente siano stati riscontrati due dipendenti della Picenambiente positivi al Covid 19 e che l’AV5, tempestivamente avvisata, a distanza di 6 giorni (il primo positivo ha avuto il risultato martedì scorso), non avrebbe ancora attivato le procedure previste per effettuare il tracciamento dei contatti, né effettuato i tamponi alle famiglie. Di conseguenza, molti di coloro che nelle due settimane precedenti sarebbero stati a contatto con tali soggetti, in assenza di qualsiasi iniziativa dell’autorità sanitaria e della dirigenza aziendale, si sarebbero visti costretti a effettuare i tamponi a proprie spese. 
La denuncia 
«Questi dipendenti svolgono un servizio pubblico in una partecipata importantissima per il Comune- affermano Curzi e Falco - e il sindaco Piunti aveva loro garantito, ai tempi della tensostruttura allestita presso lo stadio, che anche loro sarebbero stati chiamati per effettuare l’esame, ma questo non è mai accaduto. Consideriamo che la Picenambiente ha circa 300 dipendenti. E che molti sono in stretto contatto tra loro, almeno nella fase in cui indossano le tute da lavoro negli spogliatoi. Nonostante la frequente sanificazione che la dirigenza ha assicurato di svolgere, essi costituiscono senz’altro una categoria a rischio, per la salute propria e delle loro famiglie, e per la salute dei cittadini. Se i protocolli “scaricano” la responsabilità sull’autorità sanitaria, questa è con tutta evidenza già sotto sforzo, e non riesce a far fronte ai propri obblighi, lasciando che i lavoratori a rischio, magari positivi asintomatici, continuino a lavorare». 
Pure l’azienda sotto accusa
Ma che dire di un’azienda che lascia ai propri dipendenti il compito di arrangiarsi e di provvedere in proprio all’esame diagnostico, mettendosi responsabilmente in quarantena volontaria per non far correre rischi ai colleghi, fino a quando non vengono informati del risultato del tampone? E che pensare di un sindaco che, manco a dirlo, su tutto questo non ha nulla da eccepire né da comunicare? Ossia, in tutto questo, dov’è la politica che amministra San Benedetto?».
Una grave mancanza 
Insomma, una situazione d’emergenza che richiederebbe ben altre contromisure e cautele come d’altra parte in altri settori ormai siamo abituati a vedere alla luce di precisi protocolli. Quello che stride dunque è la differenza tra ciò che viene applicato in altre parti e quello che invece viene lasciato indietro a Picenambiente. «Auspichiamo che l’azienda provveda, sollecitata dall’interessamento dell’amministrazione comunale, a rimborsare i lavoratori del costo sostenuto per l’esame e a garantire a tutti loro tamponi periodici per il futuro, attivandosi affinché l’Inps riconosca come periodo di malattia anche i giorni di quarantena volontaria in attesa dell’esito del tampone. È il minimo che si possa fare a tutela della loro salute e a garanzia dei servizi».

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