Due infermieri si infettano al Covid dopo la prima dose di vaccino: «Un incubo, in casa tutti positivi»

San Benedetto, due infermieri si infettano al Covid dopo la prima dose di vaccino: «Un incubo, in casa tutti positivi»
San Benedetto, due infermieri si infettano al Covid dopo la prima dose di vaccino: «Un incubo, in casa tutti positivi»
di Alessandra Clementi
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Venerdì 12 Febbraio 2021, 06:20

SAN BENEDETTO - Tutto è iniziato lo scorso 14 gennaio con lievi sintomi avvertiti da Benito Rossi, infermiere dell’ospedale Madonna del Soccorso come dolori muscolari, febbre, tosse e mal di gola che potevano far pensare anche a una normale influenza. Una convinzione durata poche ore, infatti a breve sia Rossi 56 anni, che la moglie, a sua volta infermiera nel reparto di Oncologia, le due figlie di 23 e 21 anni e la nonna di 96 si sono ritrovati positivi al Covid. Tra l’altro sia Rossi che la moglie avevano ricevuto da poco la prima dose di vaccino.

Da qui l’inizio della quarantena.

Ventuno giorni di isolamento con tante difficoltà nel gestire una famiglia al completo chiusa in casa. «Non sono mancati momenti di paura e smarrimento – racconta Benito Rossi – venivamo seguiti costantemente dal medico di famiglia, dalla Sisp (Servizi di igiene e sanità pubblica) e dalla pneumologa Olori. La paura che la situazione potesse aggravarsi era sempre dietro l’angolo soprattutto nei primi 10 giorni dove la situazione si risolve o precipita. L’attenzione era soprattutto verso mia suocera, la più fragile che ha avuto alti e bassi ma è stata comunque curata in casa. Difficile da descrivere gli effetti dell’isolamento sociale dove si dipende da tutto e da tutti». Oltre alla paura per le sorti della propria famiglia, l’infermiere del 118 racconta soprattutto una difficoltà nella gestione della burocrazia, con pagamenti rimandati a data da destinarsi, una burocrazia che non si è adattata all’evenienza Covid soprattutto nel momento in cui vengono richieste firme e quindi la presenza, per ovvii motivi, e non c’è posta elettronica che tenga o deleghe speciali. E Rossi spiega: «La cura domiciliare è comunque carente. Occorre oggi più che mai creare delle unità mobili in grado di offrire prestazioni che sopperiscano al ricovero». Un’odissea familiare conclusasi il 5 febbraio: «Sono nato una seconda volta. È un’esperienza che ti stravolge la vita e che ti offre una visione dell’esistenza completamente diversa. Sei stato a pochi passi dalla morte e questo cambia inevitabilmente l’approccio con la vita di tutti i giorni».

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