Confindustria, il presidente di Ascoli: «Il fallimento dell’unione? I nostri industriali troppo diversi da quelli del Fermano»

Simone Mariani, presidente dell'Associazione Confindustria di Ascoli
Simone Mariani, presidente dell'Associazione Confindustria di Ascoli
di Mario Paci
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Domenica 14 Novembre 2021, 08:50

ASCOLI - Dopo il voto bulgaro (90%) dell’assemblea dei soci di Confindustria Centro Adriatico che ne ha sancito lo scioglimento a quattro anni dalla nascita, gli imprenditori ascolani hanno voglia di ripartire subito e di mettere alle spalle la fallimentare esperienza dell’unione con i colleghi fermani. Una ripartenza, soprattutto politica, poiché lo scioglimento comporterà la nomina di cinque liquidatori e quindi tempi non immediati.

 
Rinasce Ascoli
«Ma noi non possiamo rimanere con le mani in mano proprio in questo periodo cruciale per la nostra economia» afferma Simone Mariani, dimissionario presidente di Confindustria Centro Adriatico ma ancora in carica come presidente dell’associazione territoriale di Ascoli. «Sono rispettoso delle indicazioni che arriveranno da Roma sulla gestione della liquidazione di Confindustria Centro Adriatico ma non possiamo, come industriali piceni, rimanere inerti.

Quindi da lunedì (domani, ndr) si riparte. Avvierò le procedure per la mia successione (Simone Ferraioli è in pole, ndr) ma nel frattempo tornerò a rappresentare le istanze degli imprenditori».


Gli obiettivi
Quali sarebbero queste istanze? «Confrontarci sui milioni di euro del Pnrr, la questione del credito d’imposta alle imprese che rischia di non essere prorogato a fine anno nell’area del cratere sismico. Chiederemo di nuovo che venga prorogato il bando per l’articolo 20 che finanzia le imprese per la ripartenza dopo il terremoto. Per cui dopo mesi di stasi legata proprio all’incertezza del futuro di Confindustria Centro Adriatico, abbiamo bisogno di tornare ad essere rappresentativi con forza presso le istituzioni È palese -aggiunge Mariani - che un’associazione in liquidazione non può portare avanti battaglie particolari, ma noi come industriali piceni sì». Dopo mesi in cui è rimasto in silenzio come un monaco buddista, Mariani torna a parlare del fallimento della “fusione a freddo” con i fermani in Centro Adriatico. «Il progetto è fallito per diverse ragioni. Non perchè culturalmente non eravamo preparati ma perchè si è manifestava una vistosa divergenza di vedute nel tessuto imprenditoriale; il nostro, eterogeneo con tanti settori industriali diversi, quello fermano più omogeneo con la prevalenza della filiera mono settoriale calzaturiera. Due anime diverse che purtroppo non si sono ritrovate in una sintesi. Il voto espresso a larga maggioranza da parte dell’assemblea dei soci conferma quanto dissi al momento delle dimissioni: era emersa la volontà evidente di autonomia da parte di Ascoli e Fermo che non poteva essere sottaciuta». D’altronde quando un vaso si rompe, il collante può durare solo per poco.

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