Droga, santoni e accuse a Conte: cronaca dell'addio annunciato del vescovo

Droga, santoni e accuse a Conte: cronaca dell'addio annunciato del vescovo
Droga, santoni e accuse a Conte: cronaca dell'addio annunciato del vescovo
di Mario Paci
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Venerdì 30 Ottobre 2020, 06:00

ASCOLI - Le dimissioni a sorpresa del vescovo di Ascoli, monsignor Giovanni D’Ercole, che era già uscito brillantemente da un’inchiesta sugli appalti della ricostruzione a L’Aquila e da un’intercettazione telefonica per una raccomandazione di Raffaele Marra, ex braccio destro del sindaco di Roma, Virginia Raggi, nei servizi segreti, non è un fulmine a ciel sereno ma una goccia dopo l’altra che forse ha fatto traboccare il baso. E la visita di monsignor Manetti a giugno scorso, non è stata una vera e propria visita di cortesia ma una ispezione del Vaticano nella diocesi ascolana. Il colpo di grazia.

Il santone di Force

La prima grana per il vescovo, ripresa ancora dalle televisioni nazionali a distanza di anni, è il santone di Force.

Accusato da alcuni di essere un santone, di avere praticato riti religiosi e di avere creato addirittura una setta (l’associazione Amarlis), Christian Del Vecchio il presunto veggente che sostiene di aver ricevuto il dono dell’apparizione della Santa Vergine e di aver assistito alla trasudazione di un’icona della Madonna e che per qualche tempo ha svolto la sua attività a Quinzano di Force, ha ottenuto l’assoluzione della diocesi ascolana. Del Vecchio aveva chiesto al Comune di Force la possibilità di realizzare un santuario con le donazioni di coloro che lo seguono nel suo percorso. Il pronunciamento “pro nunc nihil obstare” (per ora nulla osta), fu concesso «non essendo emersi atti o fatti contrari alla disciplina della religione cattolica e/o violazioni di precetti morali, civili e penali». Ma il Vaticano ha iniziato ad accendere i riflettori.

La droga

La seconda spinosa vicenda è la denuncia di padre Alberto Bastoni, il vice parroco della cattedrale finito al centro di una inchiesta della Procura di Ancona che sta indagando sulla detenzione di materiale pedopornografico. Durante la perquisizione il vice parroco consegnò spontaneamente ai carabinieri la droga che aveva in casa. All’interno di un ostensorio il religioso aveva nascosto quattro grammi di cocaina. Nel frattempo, gli hard disk dei computer e le memorie di tablet e dei telefoni cellulari prelevati dai carabinieri su disposizione della Procura di Ancona, competente per alcuni reati distrettuali, sono ancora al vaglio. A seguito di questa indagine, il vescovo di Ascoli, monsignor Giovanni D’Ercole, ha immediatamente allontanato padre Alberto Bastoni che ha lasciato la città per fare ritorno a Bastia Umbria riaffidandolo al Superiore generale della sua Congregazione di appartenenza. Ma fu lui a volerlo nella diocesi ascolana per riabilitarlo.

La dittatura di Conte

A maggio, verso la fine del lockdown, il vescovo attaccò duramente il premier Giuseppe Conte che non riapriva le chiese. «Le parole di Giuseppe Conte sono state dei macigni che hanno bloccato un dialogo che era sincero»: così iniziò il videomessaggio del vescovo. «Alla fine non si può essere fregati nella vita. Dobbiamo guardare le cose con oggettività: la chiesa non è il luogo dei contagi, non bisogna far passare quest’idea. Comitato scientifico: ma chi ve l’ha detto che la chiesa è il luogo dei contagi? - accusò - È un arbitrio, è una dittatura questa, di impedire il culto perché è uno dei diritti fondamentali e su questo non si possono fare sconti». Parole che non piacquero affatto a Papa Francesco che durante una messa replicò subito al monsignore: «In questo tempo nel quale si comincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e dell’obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non torni». Grazie e obbedienza che D’Ercole non aveva dimostrato. 
Il rapporto con il clero
Pesano anche le incomprensioni con il clero ascolano. Alcuni autorevoli sacerdoti non hanno gradito le sue prese di posizioni, più in generale la gestione amministrativa della diocesi con le inevitabili insinuazioni non confermate. E forse troppi dossier sono arrivati in Vaticano. Resta il rispetto per la decisione del vescovo di ritirarsi in monastero ma tutte queste grane possono avere influito sulla scelta.
 

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