Terremoto nella sanità picena, Cesare Milani getta la spugna: «Se ho sforato il budget, l'ho fatto per motivi ben chiari»

Cesare Milani
Cesare Milani
di Mario Paci
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Martedì 14 Dicembre 2021, 03:40 - Ultimo aggiornamento: 15:52

ASCOLI - Tanto tuonò che piovve. Finito da alcuni mesi nel tritacarne dell’assessore regionale alla sanità, il leghista Filippo Saltamartini, per avere sforato il budget e oramai virtualmente sfiduciato specie dopo la vittoria del centrodestra alle elezioni regionali, Cesare Milani, a capo della sanità picena, ha deciso di giocare d’anticipo rispetto alla scadenza naturale del suo mandato e ieri mattina ha comunicato a Nadia Storti la volontà di rassegnare le dimissioni a fine anno. Milani ha capito che il clima intorno a lui è radicalmente mutato e non esistono più le condizioni per proseguire nell’impegno direzionale. 

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Le pagelle di fine anno dell’Asur, con l’accusa di avere sforato il budget, è stata la goccia che fatto traboccare il vaso.

Per il manager di Montefalcone Appennino, alle soglie della pensione, meglio staccare la spina ora piuttosto che proseguire con lo stillicidio dei veleni. D’altronde non è il primo a farlo dopo il cambiamento di colore politico a Palazzo Raffaello. Già Licio Livini a Fermo, aveva mollato la spugna prima dell’estate, sostituito da Roberto Grinta. 


«Ho comunicato al direttore generale dell’Asur, Nadia Storti, l’intenzione di dimettermi a fine anno» conferma Milani. «Ho sforato il budget? Se l’ho fatto è perchè in questi anni il Piceno ha dovuto recuperare il terreno perso, Cenerentola delle Marche per fondi e considerazione. Vado via a testa alta e credo che specie durante l’emergenza sanitaria siamo stati tra i migliori nelle Marche nel contenerla e gestirla». Cesare Milani era stato nominato direttore generale dell’Area vasta 5 nel settembre del 2018 dopo avere scalato la vetta in azienda. Lavora infatti in azienda fin dal 1987, ed era dirigente amministrativo dal 2000. Dal 1995 al 2004 è stato sindaco di Montefalcone Appennino, già presidente della Comunità montana dei Sibillini, palestra politica che gli è servita a gestire i rapporti delicati, specie con i sindaci.

Secondo indiscrezioni è stato appoggiato nella nomina dall’ex vice presidente della giunta regionale, Anna Casini del Pd che figura ora fra i suoi principali detrattori accusandolo nella sostanza di essersi appiattito fin troppo sulle posizioni dell’assessore regionale Guido Castelli e del sindaco Marco Fioravanti. «Un dovere istituzionale» ha sempre replicato, seppure non pubblicamente, il manager sanitario. Ed ora cosa succederà alla sanità picena proprio in questo periodo così delicato, fra emergenza sanitaria e fondi Pnrr (teoricamente) da sfruttare? Il timore è che si possa rivivere l’incubo del pre Milani.


Dopo la fine dell’era Maresca durata dieci anni, non c’è stata più pace per la sanità picena con una successione impressionante di manager sanitari (Marabini, Zuccatelli, Mannucci, Carmosino, Gentili, Ciccarelli, Stroppa, Del Moro, Capocasa, solo per citare i principali) i quali non hanno potuto dare continuità al loro mandato perchè trasferiti o rimossi dalla giunta regionale. Con i quattro anni di gestione Milani finalmente sembrava che il il tempo dei manager sanitari con la valigia sotto il tavolo fosse finito. Spetterà ora alla politica, a cominciare dall’assessore regionale Guido Castelli per proseguire con i consiglieri di maggioranza Andrea Antonini e Andrea Assenti e i sindaci delle città più popolose, Marco Fioravanti (Ascoli) e Antonio Spazzafumo, chiamati alle loro responsabilità, impedire che quell’incubo possa ripetersi, magari piegati dai diktat romani/milanesi. Per come sono ridotti il Mazzoni e Madonna del Soccorso sarebbe un errore che non sarebbe perdonato dall’elettorato.

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