Profondo rosso da 21 milioni di euro: la depurazione delle acque rischia di fermarsi

Ascoli, profondo rosso da 21 milioni di euro: la depurazione delle acque rischia di fermarsi
Ascoli, profondo rosso da 21 milioni di euro: la depurazione delle acque rischia di fermarsi
di Mario Paci
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Giovedì 25 Febbraio 2021, 10:38 - Ultimo aggiornamento: 23 Maggio, 23:15

ASCOLI - Mentre i sindaci si concentrano sulla centrale a biometano (biodigestore) di Force e sulla discarica per i fanghi della Ciip nella vallata del Tronto, c’è un’altra questione ambientale alla quale porre rimedio il prima possibile. Stiamo parlando dei venti milioni di debito del Piceno Consind che a causa della pandemia stanno lievitando e che si ripercuotono sulla gestione del depuratore di Campolungo.

Da agosto la Picena Depur, che gestisce l’impianto, non riceve più un euro e avendo difficoltà a pagare anche il personale si è rivolta alla prefettura e alla Regione Marche, tramite il presidente, Longino Carducci.

L’appalto

La società Picena Depur, a seguito di un appalto vinto nel 2002, ha avuto in affidamento la gestione e la manutenzione del servizio di depurazione delle acque civili e industriali nonchè i lavori di costruzione, adeguamento e potenziamento degli impianti di fognatura e depurazione. Nel corso degli anni, però, il Piceno Consind ha accumulato un debito di venti milioni di euro. Già nel 2010, a seguito della situazione debitoria di Piceno Consind, Picena Depur dovette procedere a un sequestro tuttora in essere sulla quasi totalità dei beni di Piceno Consind per 7,5 milioni di euro. Per diversi anni Piceno Consind ha congelato il debito ma almeno ha pagato le fatture della gestione corrente. Purtroppo, però, con la pandemia e conseguente crisi industriale la situazione è precipitata con un ulteriore buco di 1.3 milioni di euro. L’inadempimento ora mette a rischio la possibilità di Picena Depur di pagare fornitori e dipendenti e quindi di assolvere allo svolgimento del servizio di depurazione delle acque reflue prima del loro sversamento nel fiume Tronto. A nulla, finora, sono serviti gli inviti verbali e le diffide scritte a provvedere al pagamento degli importi. Il presidente Carducci ha sottolineato a Palazzo San Filippo che Piceno Consind continua ad incassare dagli utenti (specie aziende dell’agglomerato industriale) le quote ma vengono utilizzate per tappare altri buchi. «Il Piceno Consind, pure riconoscendo per iscritto il debito adotta ogni tecnica dilatoria anche con il tribunale per impedire o procrastinare la riscossione» tuona Carducci. 
La transazione
Piceno Consind ha proposto in passato un’ipotesi di transazione ma che Picena Depur ha respinto perchè ritenuta penalizzante. Al primo incontro convocato dal prefetto, il presidente di Piceno Consind, Domenico Procaccini, non si è presentato. Carducci, quindi, oltre al prefetto, si è appellato alla Regione Marche perchè possa assumere le iniziative che eventualmente ritiene necessarie per affrontare questa situazione che comporta anche un imminente pericolo per il servizio pubblico di depurazione. Il rischio teorico è quello di un allentamento della depurazione e quindi di un inquinamento del fiume Tronto.
La partita aperta
La crisi di Piceno Consind è legata purtroppo al declino industriale e alla fuga delle multinazionali da Campolungo che si è acuita con la pandemia.

E anche il cambiamento del colore politico della Regione, che in passato non ha mai ascoltato la sirena di Confindustria di chiudere «un carrozzone politico», potrebbe accelerare un processo di radicale revisione dell’ex consorzio industriale. Tra l’altro la presidenza Procaccini scadrà in primavera. I dubbi che aleggiano sono : in caso di chiusura di Piceno Consind chi si accollerà gli oltre venti milioni di euro di debito? Sarà la Ciip a gestire il depuratore come da anni agogna?

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