Arquata, «Mio marito morì tra le macerie
Aiutatemi a recuperare la sua Harley»

Arquata, «Mio marito morì tra le macerie Aiutatemi a recuperare la sua Harley»
di Mario Paci
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Sabato 18 Maggio 2019, 11:13 - Ultimo aggiornamento: 11:16
ARQUATA - Patrizia Marano, romana, nel terremoto del 24 agosto 2016 a Pescara del Tronto, ha perso il figlio Tommaso di 14 anni, il marito Alberto, i genitori Santa e Corrado, il cognato Vito e tanti amici. Lei stessa è rimasta per 5 ore sotto la sua casa crollata per poi, una volta estratta fuori dalle macerie, essere trasferita all’ospedale Mazzoni dove è rimasta ricoverata per varie patologie da schiacciamento per due settimane. Ha perso gli affetti più cari e le due abitazioni che aveva a Pescara del Tronto «ma ho perso quella notte, anche la dignità di cittadina - si sfoga - . Esistono, infatti, tre categorie di terremotati, quelli di serie A che abitavano nei centri più conosciuti, poi ci sono quelli di serie B e sono quelli che abitavano nelle frazioni dimenticate da tutti e quelli di serie C che sono i non residenti vittime del terremoto che abitavano nelle frazioni dimenticate». E ora lancia un appello al commissario Farabollini perché si possa recuperare l’Harley Davison amata dal marito: «Incarnava il suo sogno di libertà».
  
A Pescara del Tronto i morti sono stati per il 90% forestieri specie romani «e pur avendo subito la perdita dei familiari più stretti e delle abitazioni sono stati trascurati, non informati, isolati, in alcuni casi sono stati privati degli aiuti primari proprio per il loro status di non residenti». Per questo motivo Patrizia Marano ha deciso di scrivere una lettera al commissario per la ricostruzione Farabollini. «Le vite perse dei miei cari non si possono riavere, ma la mia casa si può e si deve ricostruire in fretta e non tra 10 anni, come molti vorrebbero per poter sguazzare nel carrozzone della ricostruzione permanente - denuncia - Per iniziare a ricostruire occorre, però, prioritariamente rimuovere le macerie e restituire ai superstiti del terremoto i propri beni recuperabili sotto le macerie di Pescara del Tronto. Questo non è ancora avvenuto per tutti e molti familiari delle vittime aspettano da ormai tre anni di avere ancora tra le mani anche un piccolo ricordo delle persone care uccise nel sisma». Il marito Alberto era un centauro. La sua moto, la notte del sisma era parcheggiata sotto casa, ed ora è ancora sotto le macerie.
 
«L’amore di Alberto per la sua Harley - ricorda - trasferiva emozioni forti a tutti perché la moto incarna il sogno di libertà che ognuno di noi ha e quando esplode non ti lascia più. Oggi Alberto non c’è più, ma la sua moto è ancora lì sotto le macerie di Pescara del Tronto, nessuno mi ha aiutato a riprenderla, neppure quando il recupero era facilissimo e nessuno lo vuole fare oggi. Vorrei avere ancora quella moto, anche se distrutta dal terremoto, per la quale, pensi, non ho mai smesso di pagare le relative tasse, vorrei che fosse il simbolo della ricostruzione di queste terre martoriate». La richiesta è legata all’amore che ha per Alberto, per il figlio Tommaso, per i genitori, il cognato, per gli amici e per tutte le altre persone morte il 24 agosto 2016. «L’amore di cui parlo è di una categoria particolare, è quello che non muore mai. Ma ho bisogno di un totem per ricordarlo a chi facilmente vuole dimenticare. Per favore Farabollini mi aiuti a recuperare la mia Harley Davidson. Nel terremoto c’è chi vince e chi perde, chi come me ha perso tutto viene sempre abbandonata e relegata in quell’area grigia dove si sopravvive nella totale disparità sociale».
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