MACERATA - «Uno stupro è sempre un atto di prevaricazione e dominio: non c’entra niente con l’attrazione sessuale, le condotte o l’atteggiamento della donna, come purtroppo spesso abbiamo letto in sentenze sbagliate». La criminologa Margherita Carlini, a guida dello sportello antiviolenza di Recanati, interviene sul fenomeno delle violenze di genere che purtroppo nel nostro Paese non accenna a tramontare. L’ultimo caso, presunto in quanto ancora in fase di indagine, è quello avvenuto nella nostra Provincia ai danni, secondo le accuse, di una giovane anconetana.
Le condotte
«Genericamente - spiega Carlini - , rispetto alle condotte criminali, il contesto di gruppo rafforza il passaggio all’atto: quello che è il pensiero di un singolo può diventare l’azione di due o più». Dall’esperienza allo sportello recanatese, Margherita Carlini rivela come «per il fenomeno specifico della violenza sessuale sono minori i casi di donne che si rivolgono a noi. Molto spesso viene attivata più frequentemente una rete di tutela in emergenza che riguarda altri tipi di enti e istituzioni. È più probabile che le donne arrivate allo sportello abbiano subito una violenza sessuale in un contesto di relazione, ma questo non significa che non capiti: sono semplicemente più sporadici rispetto alla totalità del fenomeno».
I casi
La denuncia
Altro tema importante quando si parla di questo tipo di reati è quello della denuncia. «La reazione rispetto a una violenza sessuale - dice Margherita Carlini - , quando è fuori da un contesto di intimità, è molto soggettiva. Ci sono vittime che decidono di denunciare subito il fatto, altre che percepiscono il senso di vergogna e, in alcuni casi, c’è la paura del giudizio perché si pensa di aver avuto condotte che spesso vengono ritenute provocatorie. In tanti altri casi c’è la paura concreta di rivendicazioni maggiori. Questo succede molto spesso quando avvengono stupri di gruppo - prosegue - perché non c’è la conoscenza diretta degli aggressori e c’è timore di rivendicazioni future».
L’invito
Accanto all’invito che spesso viene fatto dalle istituzioni di denunciare sempre, la criminologa evidenzia una sfumatura importante: «Per quanto la denuncia possa essere dolorosa e difficile è quella che consente alla donna di passare dalla fase passiva, di vittima, a quella attiva che tutela i suoi diritti. È importante però - conclude - che la donna faccia denuncia nel momento in cui si sente pronta a farlo, altrimenti vengono avviati nuovi processi di rivittimizzazione che potrebbero rendere la situazione peggiore».
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