Trenitalia: "Luca
macchinista modello"

Trenitalia: "Luca macchinista modello"
di Roberto Mencarini
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Martedì 19 Agosto 2014, 10:47 - Ultimo aggiornamento: 11:01
ANCONA - Era smontato dal lavoro alle 9 di domenica mattina Luca Giustini, il pap assassino di Collemarino. La notte precedente aveva dormito a Foligno e la mattina aveva portato a destinazione ad Ancona il treno regionale partito dalla città umbra alle 6,22 e arrivato nel capoluogo dorico alle 8,34. Un viaggio di poco più di due ore senza nessun problema.



“Abbiamo controllato anche i tabulati - ci dice il referente regionale delle relazioni esterne di Trenitalia Giuseppe Angelini - e non è emersa alcuna difficoltà. Ha condotto il convoglio con perizia e precisione, tutto in orario perfetto”.



Luca Giustini era stato assunto da Trenitalia nel 2004 e dopo aver superato corsi e abilitazioni per la guida dei vari treni era diventato operativo nel 2006. Aveva già otto anni di servizio ed era considerato un macchinista di una certa esperienza. Lavorava per la Divisione trasporto regionale O.M.R. Ancona e quindi i treni che conduceva avevano le percorrenze gestite dalla direzione regionale Marche, quindi a nord fino a Bologna, a sud fino a Pescara e nella direttrice est-ovest fino a Roma.



“E’ un dipendente modello dell’azienda - rimarca Angelini - assai ligio nelle sue mansioni, mai niente di strano nel suo curriculum, anzi note positive”. Tiene poi a rimarcare come tutto il personale sia sottoposto a controlli stringenti come i piloti di aereo. “Chi guida un treno - sottolinea - viene giustamente controllato in modo sistematico e continuativo con test, colloqui. Oltre le visite dello psicologo, vengono anche eseguiti prelievi di sangue e urine per verificare eventuali assunzioni di droghe e alcol. Ecco, Luca Giustini, non ha mai avuto nessun tipo di problema e ha superato tutti i test a cui è stato sottoposto a cadenze frequenti”.



Andiamo in stazione e i dirigenti del movimento ci indicano di andare al deposito percorrendo l’ultimo sottopasso fino alla fine. Qui ci fermiamo davanti a una sbarra invalicabile. C’è una donna gentile alla reception che ha l’ordine di non lasciare passare nessuno. “Sì Luca lo conosco di vista - ci dice - ma siamo dipendenti di una ditta appaltatrice e siamo qui solo dal 6 maggio. Quindi più di averlo visto passare con l’auto ed esserci scambiati qualche parola non posso dire altro”.



Lo conosce meglio, ma in maniera formale, un capotreno che incontriamo lungo la banchina. “Ci siamo rimasti male - ci dice - che non sia tutta colpa di questa vita moderna...”. Fermiamo un altro capotreno che sta per andare a prendere servizio, anche lui lo conosce bene. “Si parlava - ricorda - di un po’ di tutto, dal calcio ad altro. I soliti discorsi. Era una persona equilibrata, a modo. Che dire, gli è proprio andata via la testa”.



Sempre lungo i binari troviamo un altro capotreno. Intuisce subito l’argomento: “Sì - esordisce - conosco Luca. Quando sono arrivato qui, nel 2006, già c’era. Lui è un macchinista e stando chiuso nel locomotore, i rapporti con noi capotreni era limitato alla gestione del servizio. Comunque è stato un fulmine a ciel sereno anche per noi”.
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