Paolo Curi: «Vorrei che i nostri quattro figli andassero in discoteca tranquilli»

Paolo Curi
Paolo Curi
4 Minuti di Lettura
Martedì 10 Dicembre 2019, 07:05 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 12:26

SENIGALLIA - Molte persone domenica si sono chieste se non fosse il caso di individuare un luogo delle memoria in città. Uno spazio dove ricordare le vittime della tragedia di Corinaldo, associandole a quel fiore sbocciato dal loro sacrificio: il patto per i giovani. Il Codice etico destinato a diventare il punto di riferimento nazionale per il divertimento sicuro. Se Corinaldo l’8 dicembre 2018 ha segnato la tragedia, Senigallia l’8 dicembre 2019 ha sancito un nuovo modo di pensare il divertimento per un’intera nazione. Allora perché non celebrarlo tutti i giorni l’8 dicembre, ricordando e investendo nel futuro? Molti se lo sono chiesto. 

LEGGI ANCHE:

Il marito di Eleonora: «Spero che il suo sacrificio salvi altri ragazzi»

«Io e Gemma di nuovo a un concerto Ultimo canta per i morti di Corinaldo»


«Sarebbe una bella idea dedicare alla memoria delle sei vittime uno spazio – interviene Paolo Curi, vedovo di Eleonora Girolimini – se potessi dare un suggerimento direi tra piazza del Duca, la Rocca e Palazzetto Baviera. Eleonora adorava il centro storico e in particolare questi luoghi dove portava spesso i figli. Penso che a lei farebbe piacere essere ricordata lì». 

Una targa, un albero da piantare, un faro fisso puntano verso il cielo. La gente parlando domenica ha dato sfogo a varie idee e chissà che l’Amministrazione comunale non ne voglia concretizzare una. Paolo Curi intanto sta ultimando il trasloco, dopo essersi trasferito in centro con i 4quattro figli, tre femmine e un maschietto. Nel casolare che insieme alla moglie aveva sistemato a Scapezzano restano ancora un po’ di scatoloni e tante foto che scandiscono i momenti felici del loro matrimonio: dalle nozze, alla nascita dei figli fino ai tanti viaggi. 
«Ero amico del fratello di Eleonora – ricorda – io avevo 18 anni e lei 14. Qualcosa già c’era tra di noi ma a quell’età quattro anni rappresentavano una differenza enorme. Ci siamo messi insieme quando ne avevo 27 di anni. Non ci siamo più separati. Eravamo noi, la nostra famiglia, tutto quello che avevamo sempre desiderato. Non chiedevamo altro».

Poi Gemma è venuta a sapere dell’esibizione di Sfera Ebbasta. «Le avevamo concesso un concerto all’anno ed eravamo già stati a quello Alvaro Soler al Mamamia – racconta –. Ricordo controlli serrati. Addirittura mi avevano sequestrato un accendino, perquisendomi. Se lo avessero fatto anche alla Lanterna Azzurra quantomeno la bomboletta al peperoncino non sarebbe entrata e oggi non ci sarebbe nulla di cui parlare».

Qualcosa a Corinaldo non li aveva convinti. «Ero tentato di andarmene, mi sembrava un posto assurdo. Ragazzini che fumavano mentre nei locali è vietato, poi era una struttura davvero fatiscente. Abbiamo aspettato due ore nel parcheggio al freddo. Non era un concerto, ci avevano ingannato. Eleonora mi ha detto: dai ormai siamo qui. Guardiamo come si divertono le nuove generazioni».


E’ stata la sua ultima frase. «Troppa superficialità nel riaprire quel locale. Chi ha speculato quella sera, dalla banda dello spray ai gestori, non si può perdonare ma la mia rabbia maggiore è contro chi, nelle istituzioni che avevano l’obbligo di vigilare, non ci ha tutelato da questi criminali. Mi hanno tolto il futuro, hanno rovinato la mia vita e quella dei miei figli. Non li posso perdonare».

C’è però una speranza nel futuro, emersa anche domenica. «Vorrei che miei quattro figli andassero in discoteca perchè non devono barricarsi in casa, temendo che fuori possano esserci persone spregiudicate che nessuno controlla.

Questo no. Sogno un mondo migliore per i miei figli e per tutti i giovani che hanno il diritto di divertirsi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA