Senigallia, uccise il figlio con un colpo di pistola: confermati in Appello i 22 anni a Pasquini

Senigallia, uccise il figlio con un colpo di pistola: confermati in Appello i 22 anni a Pasquini
Senigallia, uccise il figlio con un colpo di pistola: confermati in Appello i 22 anni a Pasquini
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Venerdì 27 Gennaio 2023, 07:55 - Ultimo aggiornamento: 28 Gennaio, 07:32

SENIGALLIA - Niente sconti. La Corte d’Assise di Appello ha confermato la condanna a 22 anni di reclusione per Loris Pasquini, l’ex ferroviere 74enne accusato di aver ucciso il figlio Alfredo con un colpo di pistola. Il delitto si consumò il 29 marzo 2021 nell’abitazione di Roncitelli che padre e figlio condividevano.

L’imputato si trova attualmente ai domiciliari. Dopo il verdetto di secondo grado, la difesa - rappresentata dagli avvocati Roberto Regni e Silvia Paoletti - ha già espresso l’intenzione di giocare la carta della Corte di Cassazione. La vittima, che era seguita dal Centro di Salute Mentale, aveva 26 anni. La mamma, ex moglie di Pasquini, era parte civile al processo con l’avvocato Stefano Luzietti. Proprio come successo in primo grado, in appello i giudici hanno riconosciuto 21 anni per l’omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela e un anno per il porto abusivo della Beretta utilizzata per il delitto. 
La ricostruzione
Lo sparo, che aveva colpito il 26enne alla base del collo, era avvenuto al culmine dell’ennesima lite domestica scoppiata tra padre e figlio. Una convivenza difficile, la loro, resa ancor di più gravosa dai problemi psichici di Alfredo. Stando alla difesa, quel giorno Loris aveva preso la pistola per difendersi dagli attacchi di Alfredo, armato di bastoni sulla cui sommità c’erano dei chiodi. «Mio figlio era una belva, se non avessi sparato mi avrebbe ucciso. Ma volevo solo spaventarlo, non certo ammazzarlo. Lui non sapeva avessi la pistola» aveva detto l’imputato nel corso della testimonianza resa in primo grado. 
La versione accusatoria
Ben diversa la ricostruzione della procura, per cui non ci sarebbe stata alcuna colluttazione: sul corpo del 73enne non erano state trovate lesioni, ad eccezione di un arrossamento sul dorso della mano. «I litigi non erano a senso unico e i contrasti avvenivano anche per motivi economici. Quel giorno, Loris doveva liberarsi del problema rappresentato da Alfredo. Non c’è stato un eccesso colposo di legittima difesa, né un omicidio preterintenzionale: il colpo non è partito accidentalmente» aveva sostenuto il pm nel corso della requisitoria. La pistola utilizzata per l’omicidio era una Beretta 34, non più in produzione e in uso fino agli anni Novanta alle forze armate. 
La testimone
Ad assistere parzialmente al litigio del 29 marzo 2021, scattato per futili motivi, era stata la moglie thailandese del 74enne, nel frattempo trasferitasi in Lombardia per lavorare.

Alfredo stesso, dopo il ferimento, era salito in camera e aveva chiamato i soccorsi dicendo: «Mio padre mi ha sparato». All’arrivo del personale del 118, il 26enne era già morto. Loris era stato immediatamente arrestato dai carabinieri e portato in carcere. 

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