Giannino e 70 anni di contributi Inps: «Pensione? No, grazie. Sarò barbiere a vita»

Giannino e 70 anni di contributi: «Pensione? No, grazie. Sarò barbiere a vita»
Giannino e 70 anni di contributi: «Pensione? No, grazie. Sarò barbiere a vita»
di Sabrina Marinelli
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Mercoledì 29 Gennaio 2020, 12:10 - Ultimo aggiornamento: 12:11

SENIGALLIA - A marzo compirà 86 anni ed ancora lavora. E’ Giannino Streccioni il barbiere di Cesano. Da questo mese inoltre si è dovuto anche adeguare comprando un registratore di cassa. In una società dove sempre più persone preferiscono i sussidi rispetto al lavoro, lui ha rinunciato alla pensione per continuare a lavorare. Ha iniziato la professione giovanissimo, il 7 marzo 1947, il giorno del suo 13esimo compleanno in una bottega di Marotta. Nel 1951 ha aperto la sua di attività sulla Terza Strada a Cesano. Casa-bottega. Dal salone si accede all’abitazione tramite una porta come si usava una volta. «Finché ne avrò le forze ho deciso di continuare – racconta – almeno passo anche il tempo».

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Una scelta che, in termini economici, non gli conviene affatto. «Pago i contributi all’Inps dal 1950 – aggiunge – prima non si versavano, ma può darsi che non andrò mai in pensione. Mi costa di più lavorare ma per me va bene così. Alcuni colleghi sono andati in pensione e continuano in nero a lavorare andando anche a casa dei clienti. Io sono una persona seria e fatturo tutto». Con una novità. «Ho dovuto comprare il registratore di cassa – aggiunge – perché è diventato obbligatorio lo scontrino elettronico. Finora avevo sempre utilizzato il blocchetto però mi sono subito adeguato».

No al rasoio
Giannino Streccioni ha una mano fermissima anche se si limita al taglio e alla piega dei capelli. La barba non la fa più. Avendo clienti prevalentemente anziani è molto prudente. C’è chi prende gli anticoagulanti e magari un taglietto, seppure non sia mai capitato, potrebbe causare conseguenze imprevedibili. «Arrivato alla mia età in cui il lavoro è più che altro un passatempo seleziono anche la clientela, se qualcuno non mi va a genio dico che ho da fare». Nel 1968 ha acquistato le poltrone e sistemato la bottega e tutto, varcando la porta, sembra essersi fermato a mezzo secolo fa. Un tuffo nel passato. Dall’esterno difficile trovarlo. «Non ho l’insegna, non mi serve, chi mi conosce mi trova». A Giannino che è così attaccato alla professione, tanto da amarla e rinunciare alla pensione, abbiamo chiesto perché nella società di oggi c’è chi invece, e non sono pochi, trova tutti gli escamotage per non lavorare. «Non ci sono più giovani di una volta. Adesso non si sposano, non fanno figli, non lavorano. Non si impegnano, non progettano il futuro». Sono sfaticati insomma? «Si ma è anche un fattore culturale. Lavorare ti rende libero, autonomo, ti dà una dignità che non potrai mai avere senza fare nulla vivendo con i sussidi».
Coppe e trofei
Un concetto importante quello che Giannino Streccioni illustra tra un taglio e una piega. Perché farsi mantenere dallo Stato quando si hanno le forze per poter lavorare? Se lo fa lui, che di anni ne ha quasi 86 e ancora tutte le mattina apre la bottega, lo possono fare davvero tutti.

Oltre settant’anni di carriera, che ancora non è finita, che l’hanno visto insegnare in varie parti di Italia e partecipare a tornei anche europei. Numerose le vittorie. «Le coppe che ho vinto le tengo a casa – conclude - non mi piace esibire ed ostentare».

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