In classe con i compagni bulli: «Non ce la farai mai, smetti di respirare». Il 13enne denigrato pure su Instagram, ragazzine nel branco. La mamma: «Non esce da 2 anni»

In classe con i compagni bulli: «Non ce la farai mai, smetti di respirare». Il 13enne denigrato pure su Instagram, ragazzine nel branco. La mamma: «Non esce da 2 anni»
In classe con i compagni bulli: «Non ce la farai mai, smetti di respirare». Il 13enne denigrato pure su Instagram, ragazzine nel branco. La mamma: «Non esce da 2 anni»
di Teodora Stefanelli
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Giovedì 5 Maggio 2022, 02:05 - Ultimo aggiornamento: 18:00

ANCONA - «Sono due anni che mio figlio non esce più di casa. Ha paura a farlo da solo e teme di incontrare i suoi aguzzini in giro per la città. Gli stessi che gli hanno reso la vita impossibile con insulti e minacce durante la ricreazione a scuola o nelle pause tra un’ora e l’altra». Luca (nome di fantasia) oggi ha 13 anni e frequenta la seconda media di una scuola nell’entroterra senigalliese. Il suo incubo è iniziato l’anno scorso quando un compagno di scuola, suo coetaneo, ha iniziato a prenderlo in giro. Luca è seguito dagli insegnanti in un percorso pdp (piano didattico personalizzato) ed è un adolescente già di per sé introverso. 

 
L’odissea
Per tutto il primo quadrimestre il suo percorso scolastico procede senza intoppi, i voti sono buoni quando, ad un certo punto, la mamma si accorge che qualcosa non va. «Non parlava quasi più - spiega sua madre - e anche il rendimento scolastico andava peggiorando.

Io gli chiedevo sempre se c’era qualcosa che non andava e lui mi rispondeva che era “tutto a posto”. In realtà di “a posto” c’era ben poco». Un giorno Luca è tornato a casa e ha raccontato quanto gli stava accadendo: «Mi ha spiegato - prosegue la mamma - che c’era questo ragazzino che riprendeva tutti i compagni di classe per metterli su Instagram ma poi se la prendeva puntualmente con Luca». Gli rivolgeva frasi denigratorie del tipo: Non ce la farai mai». Allarmata, la mamma decide di rivolgersi al rappresentante di plesso per parlare della situazione. «Ci ha detto che era una questione delicata e alla fine sembrava che non si venisse a capo di nulla. Dopo poco, però, il bullo è stato richiamato formalmente dai professori ed invitato a smettere immediatamente di riprendere con il telefono in classe». 


L’escalation
Luca e sua mamma non sapevano che quello era solo l’inizio del calvario. Se da un lato, gli smartphone in classe erano spariti, dall’altro gli insulti nei confronti del ragazzino diventavano via via più pesanti. «Smetti di respirare» - gli dicevano due ragazzine assoldate dal primo bullo - oppure «non hai capito che era meglio che non esistevi?». Frasi di questo genere non venivano pronunciate solo in classe: «Ho visto mio figlio denigrato durante un progetto didattico online, lo insultavano senza pietà su Jitsi (piattaforma per le video-conferenze). Io sentivo tutto, è stato terribile. Ti senti impotente e non sai cosa fare per farti ascoltare». Chi per prima ha saputo accogliere la richiesta d’aiuto della mamma di Luca è stata Patrizia Guerra, la City Angel che lotta contro il bullismo dopo aver denunciato le tre aggressioni al figlio avvenute ad Ancona. «È stata Patrizia a consigliarmi di parlarne con le rappresentati di classe e poi con la dirigente scolastica». Non è stato facile avere attenzione: «I genitori delle due bulle non ne volevano sapere. Davano la loro versione della storia o si giustificavano dicendo di non poter controllare quello che facevano le loro figlie in classe». 


La svolta
Ad aprile di quest’anno, però, dopo due anni di calvario, è arrivato un gesto concreto da parte della scuola: «La dirigente - prosegue la mamma di Luca - ha inviato una lettera a tutti i genitori della classe di mio figlio richiamando gli alunni ad un comportamento più maturo e responsabile». Ora la paura della mamma di Luca è che, una volta spenti i riflettori sulla vicenda, ci possano essere delle ritorsioni: «Questi bulli - prosegue il genitore - sono furbi, non si fanno vedere quando fanno queste cose e non bisogna mai abbassare la guardia». Nei prossimi giorni l’adolescente è stato invitato ad uscire con due compagni di cui si fida: «Non nascondo la mia preoccupazione - conclude - spero che vada tutto bene». 

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