Ragazza di 22 anni drogata e seviziata
«Lei pare un maschio, non è stupro»

Ragazza di 22 anni drogata e seviziata «Lei pare un maschio, non è stupro»
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Lunedì 11 Marzo 2019, 04:45
ANCONA «Lei è brutta, non può essere stata violentata». La peruviana, che quella maledetta notte del 9 marzo 2015 aveva 22 anni, davanti alla sentenza di assoluzione dei suoi aguzzini deve aver pensato di essere stata seviziata due volte. Lo stupro non ci sarebbe mai stato invece per le tre giudici della Corte d’Appello di Ancona che hanno assolto John Harry Melendez, all’epoca 19enne, e Luis Choque Garcia - coetaneo che faceva da spettatore - ribaltando la sentenza di primo grado che li aveva condannati a 5 e 3 anni.
Motivo: la ragazza era troppo mascolina e poco avvenente per essere oggetto di attrazione sessuale. Un verdetto, questo, annullato dalla Cassazione: il processo per stabilire ciò che accadde la sera del 9 marzo 2015, nel parco di via Ragusa al Piano, si deve rifare. Il giorno dopo la ragazza si presentò in ospedale con una lacerazione nelle parti intime. Venne operata. Il processo di primo grado il 6 luglio 2016 ha condannato i due giovani. Il 23 novembre 2017 la Corte d’Appello di Ancona ha ribaltato questa decisione e li ha assolti ritenendo non credibile la ricostruzione della parte offesa. 
Il nodo 
A far discutere sono le motivazioni della sentenza. La ragazza viene indicata come «la scaltra peruviana» e si sostiene che assomigli troppo a un maschio per indurre in tentazione. Nelle conclusioni si legge che «non è possibile escludere che sia stata proprio» lei «a organizzare la nottata goliardica, trovando una scusa con la madre» e si afferma che al giovane «la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero sul telefonino con il nominativo di Nina Vikingo, con allusione a una personalità tutt’altro che femminile, quanto piuttosto mascolina, che la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare». Le giudici prendono per buona la versione dei due giovani che avevano scaricato tutte le colpe sulla ragazza, dicendo che ci stava e che lei stessa aveva costretto Melendez ad avere un rapporto sessuale e a lui non piaceva nemmeno.
Menzogne per lei, che a un certo punto ha sentito un grande dolore e urlava di smettere con tutto il fiato che aveva in gola. L’hanno riportata alla madre quasi agonizzante, imbottita della droga dello stupro e con una bruttissima ferita al basso ventre. «Abbiamo fatto questa impugnazione come parte civile e abbiamo chiesto di farlo insieme alla procura generale, c’era il sostituto procuratore Cameli anche lei sorpresa per l’esito», sottolinea l’avvocato Cinzia Molinaro dello studio Scaloni, che assiste la giovane.
Il legale 
«Questa ragazza è apparsa molto credibile. Non ha subito parlato di stupro come per trovare una scusa con la madre per essere rientrata tardi. Ha detto che forse il rapporto è iniziato in maniera consenziente ma che a un certo punto ha chiesto che fosse interrotto. Sentiva un grande dolore. Quella notte doveva andare a fare la pipì. Lei tornando ha trovato il bicchiere di birra». Poi solo nebbia. «Ricorda solo che era stata accompagnata a casa da uno dei due, il complice». Molto alta era la concentrazione di benzodiazepine trovata nel suo sangue. «Era imbambolata, con un torpore micidiale, livelli altissimi anche dopo tre o quattro giorni. In casa non avevano quella sostanza». La sentenza d’appello? «Certo il riferimento all’aspetto fisico ci aveva fatto rimanere male». 
Le fa eco il procuratore generale presso la Corte d’Appello, Sergio Sottani: «Bisogna evitare che nei processi l’uso delle parole possa costituire una forma ulteriore di violenza nei confronti della vittime». Continua. «Ritenere che la mancata attrazione sessuale del presunto stupratore nei confronti della vittima possa rappresentare un elemento a sostegno della mancanza di responsabilità, credo debba essere evitato perché si rischia di appesantire lo stress cui la vittima è già sottoposta». La rete femminista Rebel Network e il Comitato Marche Pride assieme alle associazioni promotrici, Cgil, Cisl e Uil e consigliera di parità per la provincia di Ancona esprimono «indignazione» e organizzano per oggi alle 11 un flash mob sotto la sede della Corte d’Appello di Ancona. 
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