ANCONA - La banda di rapinatori della Lanterna Azzurra formava una «struttura organizzata» che aveva un «programma criminale duraturo» basato sulla commissione di furti e scippi nei locali. A quattro mesi dalla sentenza della Corte d'Appello che ha portato alla condanna bis dei sei rapinatori della Bassa Modenese, sono uscite le motivazioni del verdetto che hanno portato i giudici a riconoscere agli imputati (al contrario di quanto successo in primo grado) anche il reato di associazione a delinquere. Complessivamente, Ugo Di Puorto, Andrea Cavallari, Raffaele Mormone, Moez Akari, Souhaib Haddada e Badr Amouiyah sono stati condannati a 70 anni, 4 mesi e 10 giorni di carcere. Erano stati tutti arrestati dai carabinieri nell'agosto del 2019 e sono tuttora reclusi.
La motivazioni
Dalle prove - scrivono i giudici - emerge «la sussistenza degli elementi costituitivi del reato associativo e cioè di un sodalizio criminale avente le caratteristiche di una vera e propria associazione per delinquere». Ben definiti, in particolare, i ruoli assegnati ai vari componenti: il disturbatore (che distraeva le vittime), chi strappava i monili, e infine chi li occultava, addosso a sé o nelle vicinanze dei locali.