Processo bis, l’untore chiede lo sconto
in primo grado 16 anni e 8 mesi

Processo bis, l’untore chiede lo sconto in primo grado 16 anni e 8 mesi
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Giovedì 17 Ottobre 2019, 07:20
ANCONA - Claudio Pinti tornerà in aula il 26 novembre. Tra poco più di un mese ad attenderlo c’è il processo d’appello in cui cercherà di ridurre la condanna a 16 anni e 8 mesi di reclusione rimediata lo scorso marzo in primo grado. Si procedeva con il rito abbreviato davanti al gup Paola Moscaroli. Due le accuse mosse dalla procura: omicidio volontario e lesioni personali gravissime.

 

La prima contestata in riferimento alla morte di Giovanna Gorini, ex convivente di Pinti deceduta nel giugno 2017 per una patologia tumorale connessa all’Hiv. Il secondo reato ha come vittima Romina Scaloni, la donna di Agugliano che ha denunciato il 36enne jesino dopo aver scoperto di aver contratto l’infezione. È stata lei a far scattare, nel maggio 2018, le indagini portate avanti dalla Squadra Mobile di Ancona. La fissazione dell’udienza al tribunale di via Carducci è stata notificata ieri pomeriggio agli avvocati delle parti. 
Pinti, recluso a Rebibbia, verrà difeso dal penalista romano Massimo Rao Camemi, autore del ricorso presentato la scorsa estate in Corte d’appello. In aula ci saranno anche le parti civili: Romina è assistista dai legali Alessandro e Mario Scaloni, i familiari di Giovanna si sono affidati alle avvocatesse Elena Martini e Cristina Bolognini. Il ricorso è stato presentato dall’imputato soprattutto in riferimento all’accusa di omicidio. Stando alla difesa, il 36enne – malato di Hiv da almeno dieci anni - avrebbe informato la Gorini della sua sieropositività, scoperta quasi in concomitanza dell’inizio della loro relazione.

Inoltre, le tesi negazioniste sull’esistenza dell’Hiv sarebbero stato abbracciate in un secondo momento e non fin da subito (ovvero dalla scoperta di aver contratto il virus) come scritto dal giudice nelle motivazioni della sentenza di primo grado. Per la difesa non sussiste neanche l’ipotesi che Pinti possa aver costretto la Gorini a non curarsi una volta scoperta la sieropositività e la successiva patologia tumorale che l’ha poi portata alla morte in ospedale.
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