Ancona, vergogna Parco del Cardeto: un patrimonio dimenticato tra clochard e spazzatura

Ancona, vergogna Parco del Cardeto: un patrimonio dimenticato tra clochard e spazzatura
Ancona, vergogna Parco del Cardeto: un patrimonio dimenticato tra clochard e spazzatura
di Federica Serfilippi
3 Minuti di Lettura
Domenica 2 Ottobre 2022, 07:48

ANCONA - Il Parco del Cardeto è lo specchio di una città intera: potrebbe rappresentare un volano turistico eccezionale, ma la valorizzazione è lasciata in un angolino. Verrebbe da dire nel dimenticatoio, andandoci a fare un piccolo tour escursionistico. Piccolo perchè l’intero parco, inaugurato ufficialmente solo nel 2005 dopo un iter realizzativo partito nel 1972, conta 35 ettari, molti dei quali a picco sul mare e caratterizzati da una fitta varietà di piante, punti d’interesse e testimonianze storiche (come il campo degli Ebrei, uno dei più antichi cimiteri d’Europa). Un patrimonio inestimabile. Evidentemente, non colto appieno. 


Il tour


Basta entrare dall’ingresso di via Birarelli per vedere lo stato in cui versa la maxi area verde anche per colpa degli incivili.

La cinta muraria esterna è infatti tappezzata da tempo immemore da scarabocchi e scritte varie, impresse con le bombolette spray. Tra le prime panchine che si trovano costeggiando l’anfiteatro (altra perla con apertura a singhiozzo) ci sono cestini ricolmi di rifiuti. Talmente tanto che la spazzatura è stata lasciata qua e là, adagiata sull’erba e a pochi passi dall’insegna collocata da AnconAmbiente che ricorda le buone regole di civiltà. La prima: non abbandonare i rifiuti. È proseguendo verso il vecchio faro, chiuso da quasi vent’anni, che la situazione diventa sempre più critica. La sensazione è quella di passeggiare tra le testimonianze di un patrimonio dimenticato. 


La casetta di Marconi


Si pensi a come è ridotta la casetta teatro dei primi esperimenti di segnale radio di Guglielmo Marconi (1904), più volte vandalizzata, preda di clochard e sbandati. In varie occasioni comitive di ragazzini terribili sono stati avvistati sul tetto dell’edificio, e parimenti è stato registrato lo sfondamento della porta. Sui mattoncini della parte esterna dell’edificio sono immancabili gli sgorbi dei writer. A ricordare gli esperimenti sul colle dei Cappuccini - una curiosità poco conosciuta anche dagli stessi anconetani - è rimasta solo una targa sbiadita posta nel 1994 dall’associazione Radioamatori Italiani. Non va meglio nel perimetro di quella perla del vecchio faro, visitabile dal 2000 al 2004. Troppo poco. In questi quasi vent’anni di chiusura il degrado s’è impossessato della struttura (non ha un concessionario) e nei locali interrati delle batterie sono nati dei piccoli rifugi per senzatetto: intere camere arredate con sedie, materassi, scatole, zaini e borse. Al di là dello scarso stato manutentivo delle strutture che di fatto sono quasi tutte abbandonate, forse anche reso difficile dalla frammentarietà della proprietà dei 35 ettari (divisi tra Comune e Demanio), colpisce la fitta rete di vegetazione che, in alcuni punti (come l’ex Caserma Stamura), è arrivata a fagocitare balaustre, scalette e sentieri. Balaustre di legno che, a tratti, sono anche inesistenti, perché ormai divelte o distrutte dal tempo. E ancora: una parte del parco presenta le classiche reti arancioni da cantiere. Alcune sono state collocate per evitare che i visitatori vadano in punti giudicati pericolanti. Altre, probabilmente, sono quelle per il progetto di illuminazione del Waterfront. I bagni pubblici? Inaccessibili. O meglio: sulla porta c’è il cartello “guasto”. Degrado infinito.

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