Il gip: «Padovani spinto da una gelosia irrefrenabile. Rischio di recidiva altissimo, deve rimanere in carcere»

Il gip: «Padovani spinto da una gelosia irrefrenabile. Rischio di recidiva altissimo, deve rimanere in carcere»
Il gip: «Padovani spinto da una gelosia irrefrenabile. Rischio di recidiva altissimo, deve rimanere in carcere»
di Federica Serfilippi
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Sabato 27 Agosto 2022, 03:05 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 08:10

ANCONA - Essendo «elevatissimo il rischio di recidiva» va adottata «la misura cautelare maggiormente afflittiva, unico presidio in grado di tutelare la collettività (e, in particolare, i familiari della Matteuzzi, esposti al rischio di ritorsioni o gesti connotati da pari carica aggressiva) dal ripetersi da gesti analoghi» a quello commesso lo scorso martedì, sotto casa della ex, a Bologna.

È uno stralcio della motivazione con cui ieri il gip del tribunale di Bologna, Andrea Salvatore Romito, ha confermato la custodia cautelare del carcere per Giovanni Padovani, il modello-calciatore di 26 anni, originario di Senigallia, arrestato martedì sera con l’accusa di aver ucciso l’ex compagna, Alessandra Matteuzzi.

La donna, agente di moda di 56 anni, sarebbe stata aggredita prima con un martello, poi con calci e pugni, infine colpita anche con una panchina.


L’udienza


Ieri mattina, nel corso dell’udienza di convalida tenutasi nel tribunale di Bologna, Padovani si è avvalso della facoltà di non rispondere. Si è presentato in aula (all’esterno della quale c’era la mamma, partita da Senigallia) con t-shirt nera, pantaloni fluo e sneakers. «È molto provato» ha detto, riferendosi al suo assistito, il difensore Enrico Buono. L’udienza è durata appena dieci minuti. Nel pomeriggio, l’ordinanza del gip: dieci pagine in cui viene ripercorso il contesto che ha portato al delitto, la personalità del calciatore dilettante, la denuncia sporta dalla vittima a fine luglio e potenziata da ben 3 integrazioni. Alessandra aveva paura di quell’uomo con cui aveva intrapreso una relazione nell’estate scorsa e da cui si era separata poco più di un mese fa. Per il gip, fin dall’inizio del rapporto (reso complicato dalla distanza, dato che il 26enne giocava in Sicilia) Padovani aveva «adottato nei confronti della donna un incontenibile desiderio di manipolazione e controllo, tradottisi nella progressiva privazione di sempre più ampi margini di libertà personale». 


La gravità dei fatti


Per il giudice la «gravità dei fatti è attestata dall’ampia estensione temporale della condotta persecutoria, posta in essere a fronte di un rapporto sentimentale di modesta durata e ridotta frequentazione e, dunque, indicativa del desiderio ossessivo nutrito dal detenuto e della sua incapacità di accettare la cessazione della relazione». A muovere il 26enne sarebbe stato un «irrefrenabile delirio di gelosia», provato sia durante la relazione che dopo.
Nell’ordinanza vengono ricordati gli atti persecutori, come la pretesa di Padovani di controllare i movimenti e le frequentazioni della vittima, di monitorare social e cellulare (si sarebbe anche impossessato delle password del suo Instagram e installato un’applicazione per captare i messaggi); gli appostamenti sotto casa, le minacce, gli insulti, i contatti telematici frequenti «pretendendo continue rassicurazioni sull’assenza di altri uomini»; la costrizione «ad effettuare brevissimi intervalli di videochiamate o filmati per consentirgli di accertarsi della veridicità di tali asserzioni». Lui si sarebbe anche introdotto clandestinamente e più volte nell’abitazione della ex. Quell’abitazione sotto la quale martedì sera, per la procura, il 26enne ha esploso la sua rabbia, uccidendo la donna. 
 

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