Osimo, allarme scabbia alla casa
di riposo: sette pazienti infettati

Osimo, allarme scabbia alla casa di riposo: sette pazienti infettati
di Giacomo Quattrini
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Domenica 20 Gennaio 2019, 04:55
OSIMO - Casi di scabbia tra gli ospiti della casa di riposo della Fondazione Recanatesi a San Sabino. La struttura con la sede da pochi anni ristrutturata e ampliata in via Flaminia II, che vanta 131 posti letto, 24 diurni e un fatturato da 3,7 milioni di euro, da quasi un mese deve fare i conti con l’acaro che ha infettato una parte del primo piano, quello dove si trovano i degenti autosufficienti. A portare il parassita è stata una paziente arrivata tra Natale e Capodanno da una Rsa della provincia (non sarebbe quella di Castelfidardo). Ai primi sintomi, come rigonfiamenti sulla pelle e prurito, il responsabile sanitario del Recanatesi aveva avvisato il presidente del cda della Fondazione, Iacopo Bellaspiga, per chiedere l’intervento di un medico esterno.
  
Ai primi controlli medici sembrava essere esclusa l’ipotesi della scabbia, ma il responsabile sanitario della struttura - visto il precedente del gennaio 2017, quando due ospiti furono colpiti dallo stesso acaro - decise di applicare, in via preventiva, il protocollo regionale. È poi dal 29 dicembre, dopo un nuovo consulto di un medico arrivato a pagamento dall’Inrca, che è stata conclamata la presenza della scabbia.
Nel frattempo l’acaro aveva contagiato per via aerea i degenti vicini. Nella sua massima estensione sono stati undici gli ospiti colpiti da scabbia per la quale Recanatesi ha dovuto applicare il protocollo, con grembiuli usa e getta per il personale e creme per la terapia farmacologica, oltre ovviamente all’isolamento dei malati, che per 40 giorni non possono frequentare le aree comuni della struttura, come la sala mensa o quella ricreativa. Proprio l’altro ieri si è svolto l’ultimo controllo da parte del medico arrivato dall’Inrca e pagato 100 euro a ospite dalla stessa Fondazione. È stato constatato che i pazienti ancora oggi affetti da scabbia sono scesi a sette, dunque la situazione di emergenza sta per essere superata, ma per concludere il protocollo sanitario regionale e terminare la profilassi bisognerà attendere il passaggio dei 40 giorni. In pratica, per inizio febbraio il problema con relativi disagi dovrebbe essere superato. Il presidente Bellaspiga ieri ha confermato che «il parassita è stato portato da una degente arrivata da una Rsa e nonostante il protocollo applicato fin da subito dal nostro responsabile sanitario l’acaro ha intaccato fino a undici ospiti ma ora siamo in fase decrescente», tuttavia ammette che «i disagi ci sono stati sia per gli anziani costretti a restare in camera per settimane ma anche per la struttura stessa».
 
Anche sui dipendenti, un centinaio tra quelli della Fondazione e quelli della Ascoop, si è infatti avviata la profilassi applicando le creme oltre a usare abiti idonei. Il personale ha poi dovuto igienizzare tutto il materiale di ausilio, come carrozzine, girelli o carrelli per medicinali e pasti, perché l’acaro infetta anche gli oggetti. «I familiari che venivano in visita sono stati avvisati subito del protocollo senza però vietare l’accesso nelle camere degli ospiti infettati perché - ha spiegato ieri Bellaspiga - gli anziani avevano già il disagio di non poter scendere nelle aree di comunità e privarli anche delle visite dei parenti era eccessivo, d’altronde questa malattia parassitaria non è grave tantomeno letale».
Giacomo Quattrini
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