Leonardo, la grande vittoria contro quell'avversario subdolo chiamato ludopatia: «Così ho sconfitto la febbre del gioco»

Leonardo, la grande vittoria contro quell'avversario subdolo chiamato ludopatia: «Così ho sconfitto la febbre del gioco»
Leonardo, la grande vittoria contro quell'avversario subdolo chiamato ludopatia: «Così ho sconfitto la febbre del gioco»
di Giacomo Quattrini
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Domenica 9 Gennaio 2022, 07:05 - Ultimo aggiornamento: 19:22

OSIMO -  Era finito in un tunnel ma, sull’orlo del baratro, ha ritrovato la forza per non cadere giù del tutto. E così, dopo due anni di duro lavoro su se stesso, chiuso in un centro di recupero lontano da casa, ne è uscito vincitore. La storia di Leonardo Baro, 27enne osimano, è quella di un viaggio all’Inferno con ritorno. Una storia di dolore e consapevolezza, di coraggio e dignità, infine di gioia e rinascita.

Ex difensore dell’Osimana, è stato costretto nel 2019 a lasciare tutto per la dipendenza al gioco. Una malattia, la ludopatia, che in Italia colpisce 900mila persone, con storie finite anche tragicamente.

«La mia era vicino a quell’esito, perché non vedevo la via d’uscita» racconta oggi Leonardo, forte di una vita tornata regolare.

Fatta finalmente d’amore con la nuova fidanzata, di lavoro in una piccola azienda osimana, e anche di calcio con l’avventura al San Biagio. Leonardo ha deciso di raccontare la sua storia proprio per non far sentire soli chi oggi sta soffrendo come successo a lui per anni. Per dare incoraggiamento e speranza. «Da quando avevo 4 anni ho sempre sofferto i vuoti affettivi, le incertezze che la separazione dei miei genitori hanno portato. Nonostante questo –dice-, ero un bimbo educato e generoso. Crescendo però, la mancanza dei punti di riferimento e la solitudine si facevano sempre più potenti».

Così ha riempito quel vuoto col gioco d’azzardo, iniziando con le scommesse già a 15 anni. «Avevo scelto la strada più facile, quella dove metti tutto da parte, ti chiudi in te stesso, accecato da rabbia e dolore» ricorda. Le paure erano tante, la voglia di andare avanti sempre meno, «così ho trovato rifugio nell’alcol, anche nelle sostanze stupefacenti per un breve periodo, poi nel gioco d’azzardo». Racconta di aver «costruito un legame mentale col gioco, come se fosse un miglior amico, un’ossessione che da forti scariche di adrenalina, ma anche sbalzi d’umore, difficoltà relazionali, insonnia, istinti suicidi. Giocavo perché sentivo il bisogno di giocare, ma più giocavo e più mi staccavo dalla realtà». Prima qualche puntata alla Snai, le prime vincite che spingono a scommettere su qualsiasi cosa, fino a perdere però anche 30mila euro in due giorni. «Lavorai in una tabaccheria, ci buttavo tutto lo stipendio per giocare» ricorda. «Mi ero ridotto pure a rubare qualche soldo, a mentire agli amici, ma raschiato il fondo ho avuto la lucidità di capire che era arrivata l’ora di riprendere la mia vita in mano» dice. 

Era il 13 novembre 2019 quando Leo si affida al Reparto diagnosi cura e riabilitazione delle dipendenze di Rivolta D’Adda, in Lombardia. Grazie all’equipe del dottor Giorgio Cerizza è rinato e da qualche mese è tornato ad Osimo, dove vive da solo e ha ritrovato un lavoro, l’amore, la forza di ricostruire rapporti veri e la passione per il calcio. Dopo due anni di astinenza si sente felice, pronto a lanciare un messaggio a chi soffre di dipendenze: «Il primo passo è prendere consapevolezza del problema. Parlatene senza bugie, chiedete aiuto senza vergogna. Serve impegno ma le soluzioni si trovano. Non arrendetevi». Il sogno? «Dovrò formarmi ma sarebbe bello aiutare chi ne soffre e iniziare a fare prevenzione contro alcol, droghe e gioco, partendo magari dalle scuole di Osimo».

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