Il cavaliere di 23 anni fermato per omicidio
Il pm: «Ha ammazzato lui il veterinario»

Il cavaliere di 23 anni fermato per omicidio Il pm: «Ha ammazzato lui il veterinario»
di Lorenzo Sconocchini
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Martedì 23 Maggio 2017, 04:15 - Ultimo aggiornamento: 24 Maggio, 07:23

OSIMO - Il bluff ha retto solo mezza giornata. Non ha confessato, Valerio Andreucci, ma va in carcere. Troppe contraddizioni, troppe giravolte nel suo racconto. «Ci hanno assalito quattro zingari», ha fatto mettere a verbale il giovane cavaliere ascolano che sognava di correre la Quintana, per poi cambiare versione parlando di «due banditi». Racconta in modo diverso anche le telefonate fatte alla mamma e a un amico, mentre si nascondeva tra la vegetazione. Racconta di essersi ferito cercando di proteggere con il suo corpo l’amico veterinario, ma poi i referti medici lo smentiscono.
E quando da un campo a 100 metri dal luogo dell’omicidio è spuntato un coltello sporco di sangue, trovato dai carabinieri che battevano la zona, s’è capito che il suo gioco era ormai scoperto. Anche se avrebbe tentato di pararsi dalle conseguenze dell’esame sulle impronte digitali raccontando una storia stramba. «L’ho impugnato anch’io, ho tirato dei colpi, ma Olindo era già morto». Prima che facesse giorno, s’era già consumata la repentina metamorfosi di Valerio, da testimone di un agguato mortale a indiziato di omicidio volontario, spedito in una cella di Montacuto con l’accusa di aver ucciso a coltellate il suo datore di lavoro, il veterinario Olindo Pinciaroli, 54 anni.


In caserma per 12 ore
L’assalto della banda di rom raccontato con la voce tutta tremante agli investigatori da Andreucci, secondo il pm Marco Pucilli era solo un maldestro tentativo di sviare i sospetti verso fantomatici banditi che nessun altro testimone aveva visto né sentito. Così quando appena albeggiava, alle cinque del mattino di ieri, il 24enne ascolano ha lasciato la caserma dei carabinieri di Osimo in stato di fermo, dopo un interrogatorio lungo quasi 12 ore in cui il suo ruolo ha virato al peggio: da persona informata dei fatti, testimone unico del delitto, a indagato per omicidio, sentito in presenza di un difensore, l’avvocato Alessandro Rocco, chiamato in caserma per assisterlo quando ormai era passata la mezzanotte di domenica.
Non poteva reggere a lungo la sua versione su quanto accaduto domenica mattina intorno alle 9 e 30 in via Chiaravallese, la strada provinciale 5 che da San Paterniano di Osimo conduce verso Polverigi. Lo scenario che aveva tratteggiato, raccontando dell’assalto di una banda che aveva costretto il loro furgone ambulanza ad accostare, è svaporato domanda dopo domanda, con le sue risposte piene di particolari che non reggevano al confronto con i rilievi dei carabinieri della Scientifica e spesso contrastavano con altre sue risposte. «L’ambulanza è stata affiancata da un’auto, sono scese quattro persone e ci hanno aggredito, io sono riuscito a scappare» aveva detto il ragazzo al pm Pucilli e ai carabinieri della Compagnia di Osimo e del Reparto operativo, che due ore dopo il ritrovamento del cadavere in località Villa lo avevano rintracciato a 200 metri di distanza, ancora nascosto ventre a terra tra i rovi di un fossato, per non farsi vedere.

La piazzola isolata
È bastato dare un’occhiata, agli investigatori più scafati, per capire che la sua versione balbettava, anzi, non si reggeva proprio. Il luogo e l’ora - una strada provinciale a metà mattinata di una domenica - non erano certo i più indicati per un assalto armato. E poi il furgone attrezzato come ambulanza, su cui viaggiavano Andreucci e Pinciaroli, s’era fermato nell’unica piazzola di sosta che si trova in un lungo tratto di strada. E se il superstite racconta che il commando li ha costretti a fermarsi - diamine - ci sarà pure una qualche traccia di questa manovra d’emergenza. Invece il furgone è integro, non ci sono ammaccature da far pensare a uno speronamento e sulla strada niente segni di pneumatici. Solo nella piazzola di sosta, ricoperta di fango e terriccio, ci sono segni di ruote, ma sono quelle del furgone, affondate nella malta come se l’ambulanza veterinaria si fosse fermato di colpo, svoltando all’improvviso.

L’automobilista di passaggio
Non c’è un solo testimone che abbia sentito o visto il commando in azione. «Noi stavamo dormendo - hanno raccontato due ragazzi di un casolare vicino - ci ha svegliato il rumore dell’eliambulanza». Anzi, se proprio qualcuno ha notato qualcosa, è un automobilista di passaggio che ha visto un giovane tirare calci a qualcosa accanto al furgone fermo, anche se lì per lì non aveva compreso la situazione. E la descrizione degli abiti corrisponde a quelli di Andreucci. Insomma, un commando di fantasmi. E se davvero quattro killer si sono mossi per ammazzare il povero veterinario, non si capisce come facessero a conoscere l’orario e il tragitto.
Ma soprattutto non si spiega poi che senso aveva, per assassini dal sangue freddo, lasciar vivo un testimone e abbandonare il coltello in un campo vicino, sapendo che i carabinieri proprio lì avrebbero cercato. E infatti l’arma domenica pomeriggio è stata ritrovata in un terreno sul lato destro di via Chiaravallese, a un centinaio di metri dal furgone, mentre Andreucci era sull’altro versante, cento metri più avanti. Si tratta di un grosso coltello da cucina con l’impugnatura di metallo. Non si sa se facesse parte dell’armamentario da veterinario o se l’assassino l’avesse portato con sé pensando di doverlo utilizzare. L’arma era sporca di sangue ed è stata inviata ai laboratori del Ris per i rilievi sulle impronte digitali.

Tagliato dalla lama
Il sospetto che sia stato proprio Andreucci a tenere in pugno il coltello sarebbe avvalorato anche dal referto medico con cui i medici del pronto soccorso di Osimo hanno dimesso il giovane ascolano, arrivato in stato di choc e con ferite alle mani. Lamentava i sintomi tipici di chi esce da un incidente (dolori alla cervicale per il colpo di frusta e mal di testa) e i sanitari hanno medicato dei tagli alle mani. Almeno due - al pollice sinistro e tra i medio e l’anulare destro - che però sarebbero superficiali, più compatibili con l’azione di maneggiare una lama affilata che con un tentativo di autodifesa. Di sangue però il giovane ne aveva parecchio sui vestiti, le analisi diranno se era sangue di Pinciaroli. E la pista di una rapina finita nel sangue è franata dopo i primi accertamenti. Il portafoglio di Andreucci è stato ritrovato, come pure il borsello che il veterinario portava con sé per tenere denaro e documenti: era nel furgone, nessuno lo ha preso. Il motivo di quelle coltellate è un altro.

 

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