ANCONA - Un sonetto fuori regola, anticonvenzionale, come tutto quello che fa Mariano Guzzini. E com’era Emma, sua compagna di vita negli anni infuocati della giovinezza. Poeta compulsivo nell’età matura, Mariano s’è lasciato andare alla passione senile di versificatore giocoso e insieme, a ben leggere, serio.
Ma la vena sarcastica usuale, accesa dallo scoppiettio frenetico di calembour, si è decantata, alla notizia della tragica “fuga” dal mondo della sua Emma, in versi sommessi, intrisi di nostalgia per una gioventù condivisa, tra impegno politico, giornalismo di lotta, ma anche passeggiate a non finire tra forre e foreste degli Appennini.
Poche, tra le amiche e le colleghe di Emma, che ora sui social si rimbalzano il cordoglio per un gesto di “coraggio, dignità, indipendenza”, l’hanno conosciuta così, come appare, ragazzina pulita e incantata, nelle foto con cui Mariano ha illustrato il suo sonetto.
Con l’autocontrollo ironico che lo contraddistingue, così si esprime Mariano Guzzini, che rappresenta una punta di diamante dell’intellighenzia marchigiana di sinistra, ancorché arroccato nel suo appartamento che domina Ancona, appartato in un sorridente/amaro romitaggio, da cui raramente si schioda. Dopo la loro separazione, aveva continuato a mantenere con Emma un rapporto dialettico e amicale, legati com’erano dalle comuni apprensioni per il figlio Jacopo lontano, oltremare, e dall’orgoglio sacrosanto per i suoi successi professionali.
E a Mariano ridevano gli occhi, quando capitava di incontrarlo mentre parlava al cellulare con lei, l’amica più salda della sua esistenza. «Ero al telefono con Emma – annunciava chiudendo la chiamata – mi dava le ultime notizie su Jacopo». E sembrava giustificarsi di quel rapporto duraturo, forse imperfetto, ma tanto tenace. Indissolubile, nell’animo. Ora Emma, come scrive Guzzini, ha sciolto “tutte quante le catene”. Le sue, quelle dell’affetto, si rinsaldano, più durature del bronzo. E persino della poesia.