Senigallia, i commercianti impotenti di fronte alla piena: «Bruciati i risparmi di una vita»

I commercianti impotenti di fronte alla piena: «Bruciati i risparmi di una vita»
I commercianti impotenti di fronte alla piena: «Bruciati i risparmi di una vita»
di Emanuele Coppari
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Sabato 17 Settembre 2022, 01:35 - Ultimo aggiornamento: 15:09

SENIGALLIA - Corso 2 giugno è un manto di fango. Alessandra Bastianoni, titolare di Erbolaria, ha la scopa in mano: «L’acqua è arrivata a 60 centimetri, ho buttato tutto. Non mi rendevo conto finché non sono arrivata qui. Ti senti impotente, desolante».

Racconta un disastro anche Paola Neri, titolare della gioielleria omonima. «Non siamo stati avvertiti, stanotte alle 3 era difficile poter fare qualcosa. Vedevamo l’acqua arrivare, ad aprire per salvare le cose rischiavamo di rimanere dentro. Non c’è neanche la luce e potevamo essere bloccati. Ci rimbocchiamo la maniche come sempre». Ivano Beccace, della gelateria Dolcezze, racconta l’eccezionalità dell’evento. «Non è mai successo in 50 anni, neanche nel 2014. Pensavamo la piena arrivasse in fretta e durasse poco invece è durata quattro ore». Giorgia Puliti di Gaia del Greco, calzature, abbigliamento e borse: «Incredibile, non pensavamo che peggiorasse la situazione durante la notte e ci trovassimo con 30 centimetri di acqua. Abbiamo faticato per entrare, i mobili chiudevano l’ingresso della porta». 

Lo sfogo 

Oltre Ponte Angeli, via XX Settembre è un fiume in piena come Francesco Manzù, Maddy Hail Lab. «Ho aperto da un mese, il negozio è tutto allagato, i risparmi di una vita bruciati in un secondo».

Poi sbotta. «Da tanti anni si dice di migliorare le fogne, il Comune non fa niente, ci sono pompe idrovore che tirano fuori acqua dai garage e persone bloccate ai piani alti». Anche via Dogana Vecchia è sott’acqua. Giulio Conti è un ragazzo che abita qui. «Il fango arrivava quasi alle finestre, ero solo in casa e sono salito ai piani alti. Vedi che entra l’acqua ma non puoi fare niente. Stiamo salvando il salvabile». Dai commercianti colpiti al cuore al cuore del vescovo Franco Manenti, che accoglie gli sfollati al seminario. «C’è frustrazione e grande dolore, di fronte a tutto questo», si ferma in una pausa di compassione. Piange il vescovo. E poi riprende. «Vedere queste sofferenze, soprattutto persone anziane, e poi i morti e una mamma con il bimbo dispersi..». La voce si rompe ancora. Il presule riprende. «È dura perché la sofferenza è sempre dura, quando capita in questi modi improvvisi e violenti specie con persone che già hanno un disagio». C’è anche spazio per la riflessione: il rapporto con la natura. «Sappiamo che dobbiamo cambiare stile di vita come dice Papa Francesco, è un discorso grosso però ineludibile. Ognuno deve fare la propria parte, a cominciare da chi è responsabile della cosa pubblica, ma anche i potentati economici». Il monito: «Non si può per un punto in più di Pil o per un guadagno massacrare la nostra casa. Però questo è il momento dell’ascolto e della vicinanza a chi soffre». E qui Manenti trae un insegnamento che accarezza l’anima. «Io non c’ero con l’alluvione del 2014, sono arrivato nel 2016 ma mi raccontano che c’è stato subito un attivarsi: strutture pubblica, Protezione civile, e Caritas diocesana. Sta succedendo anche adesso. E questo è un elemento di consolazione, perché ci fa capire quale deve essere lo stile anche nei tempi di normalità. Questo sentirci responsabili, avere a cuore la nostra vita, i nostri ambienti, le persone».

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