Lanterna Azzurra, condono impossibile
Trent’anni di abusi prima della tragedia

Lanterna Azzurra, condono impossibile Trent’anni di abusi prima della tragedia
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Sabato 15 Giugno 2019, 06:20
CORINALDO - La sala da ballo prima e la discoteca poi sono sempre state abusive. Dal 1986 la proprietà ha cercato di sanare la situazione, chiedendo un condono mai concesso. È quanto riportato nella delibera del 23 ottobre 2014 con cui il consiglio comunale ha approvato la cessione di un tratto di strada, su cui insisteva il parcheggio del locale. Un documento illustrato giovedì sera in consiglio comunale da Luciano Galeotti, capogruppo dell’opposizione. La prova che tutti erano a conoscenza del fatto che un magazzino venisse utilizzato come discoteca. 

 

Il 30 settembre 1986 il primo proprietario aveva presentato la domanda di condono per la «modifica destinazione d’uso da magazzino a sala da ballo e discoteca – riporta la delibera - realizzati al piano seminterrato e terra del fabbricato sito in via Madonna del Piano». C’era però un tratto di strada, su cui insisteva il parcheggio, da definire. Era del Comune. Nel 1989 il proprietario ne ha chiesto la cessione per ottenere il condono. L’accordo sembrava raggiunto ma la pratica si è arenata. Gli eredi del proprietario, nel frattempo deceduto, hanno reiterato la richiesta di sanatoria. Nulla di fatto. Intanto nel magazzino si continuava a ballare. Si trattava solo di un abuso edilizio. Le norme più stringenti per i locali di pubblico spettacolo sono arrivate solo nel nuovo millennio. La cessione del terreno si è sbloccata nel 2014, quando l’ente ha avuto necessità di sistemare lo scolo delle acque piovane lungo via Madonna del Piano, realizzando un nuovo collettore sotto la strada su cui insisteva parte del parcheggio della Lanterna Azzurra. Lavori eseguiti dalla proprietà, a cui è stato venduto quel pezzo di strada. Troppo tardi per sanare.

L’ultimo condono utile era quello del 2003. L’abuso è quindi proseguito fino alla tragica notte dell’8 dicembre 2018 quando la struttura ha chiuso definitivamente, al caro prezzo di sei vite umane. «Questo documento è importante – dichiara Luciano Galeotti - poiché dichiara che nel 2014 la struttura era ancora un magazzino agricolo e che, a seguito della vendita della porzione di strada, gli eredi avrebbero provveduto a perfezionare l’abuso edilizio. Questo immobile non è condonabile, non lo è stato, non lo sarà mai. Rappresenta un abuso edilizio, una trasformazione illegale che non può essere sanata e vi sono al riguardo delle leggi urbanistiche che vietano in quell’area la destinazione ipotizzata». Galeotti ha chiesto le dimissioni del consiglio comunale, a partire dal sindaco che ha ribadito però la sua buona fede. «Sono convinto che la commissione abbia operato correttamente – le parole di Matteo Principi -. Ho applicato tutte le misure possibili, le regole e le procedure. Non avrò mai pace e approfitto per esprimere ancora la mia vicinanza e cordoglio alle famiglie delle vittime. Evitiamo però che tutto si trasformi in un giustizialismo a priori. Il consiglio comunale può dare un buon contributo ma non può sostituirsi all’autorità giudiziaria».
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