Lanterna Azzurra, chiesto il rinvio a giudizio per nove colletti bianchi: «Quel locale non poteva essere destinato a discoteca»

La discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo
La discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo
di Federica Serfilippi
5 Minuti di Lettura
Venerdì 4 Febbraio 2022, 01:50

CORINALDO - «Una tragedia annunciata» causata, tra l’altro, «da gravissime irregolarità strutturali» che rendevano la discoteca «inidonea» all’uso a cui era stata destinata. Sono le motivazioni che ieri hanno guidato la discussione dei pm Valentina Bavai e Paolo Gubinelli nell’udienza preliminare del filone bis della strage di Corinaldo, per i nove indagati che hanno deciso di procedere senza riti alternativi. La procura ha chiesto per tutti il rinvio a giudizio.

 
L’ok alla licenza
A rischio dibattimento, dunque, ci sono i sei componenti della Commissione di vigilanza che nell’ottobre 2017 aveva rilasciato alla Lanterna Azzurra la licenza di pubblico spettacolo, pur non avendone – stando alle accuse – i requisiti. E nella notte maledetta dell’8 dicembre 2018 la discoteca si trasformò in una trappola, dove centinaia di persone, per sfuggire allo spray urticante sparato da un rapinatore di catenine, si accalcarono pressandosi l’una sull’altra all’uscita numero 3: una rampa dove tanti anni fa, quando lo stabile erano un capannone agricolo, scivolano cassette di ortaggi.


La commissione che diede l’ok era formata dal sindaco di Corinaldo Matteo Principi, Rodolfo Milani, dei vigili del fuoco, Francesco Gallo, dell’Asur Area Vasta 2, Massimiliano Bruni, perito esperto in elettronica, Stefano Martelli, responsabile della Polizia locale, e Massimo Manna, responsabile del Suap.


La Magic Srl
Chiesto il processo anche Quinto Cecchini, uno dei soci della Magic srl (società che gestiva il locale), Francesco Tarsi, ingegnere ingaggiato dalla società stessa, Maurizio Magnani, tecnico della famiglia Micci, proprietaria dell’immobile. A vario titolo, si procede per questi resti: omicidio colposo plurimo (6 le vittime, di cui 5 adolescenti e una mamma di 39 anni), lesioni personali (circa 200 i feriti), il falso e il disastro colposo aggravato dal fatto che il locale – sostiene la procura – non poteva essere destinato a intrattenimento e di pubblico spettacolo e non garantiva le necessarie condizioni di sicurezza in caso di emergenza. Le parti civili si sono accodate alle richieste della procura e il gup Alberto Pallucchini deciderà il 22 febbraio. 


Le difese hanno chiesto il proscioglimento dei loro assistiti, ad eccezione dell’avvocato Marina Magistrelli, che tutela il sindaco Principi, Milani e Manna: «Chiediamo di andare a dibattimento perché si guardino le carte e i fatti. Dobbiamo trovare quelli che sono effettivamente i responsabili di quanto avvenuto. Ci sono persone che stanno soffrendo perché gli vengono addebitate colpe che non ritengono di avere. Chiediamo un processo valutativo e veloce», ha detto l’avvocato Magistrelli. Altri 9 imputati stanno procedendo con riti alternativi: due hanno chiesto di patteggiare, sette il rito abbreviato e in questo filone la procura ha già chiesto le prime condanne.


In Corte d’assise
Ieri è proseguito il processo in Corte d’assise d’appello per i sei della banda dello spray, condannati in primo grado complessivamente a 68 anni di carcere.

Dopo la requisitoria della procura generale, che nella scorsa udienza aveva chiesto di aumentare la pena di sei mesi per ciascuno degli imputati, condannandoli anche per l’associazione a delinquere, è stato il turno delle parti civili. «Creavano caos, ma nulla è avvenuto per caso», è stata in sintesi l’argomentazione proposta dall’avvocato Federica Ferro, legale dei familiari di Eleonora Girolimini, una delle sei vittime, sottolineando che si trattava di un vero ed organizzato sodalizio criminale. Gli avvocati delle parti civili hanno chiesto alla Corte di accogliere l’appello della procura generale per il riconoscimento anche del reato di associazione per delinquere, escluso in primo grado.

Il sindaco

Auspica un processo breve il sindaco di Corinaldo Matteo Principi, convinto che verrà rinviato a giudizio come presidente della commissione comunale di vigilanza e pubblico spettacolo. Commissione che ha autorizzato l’apertura della Lanterna Azzurra, dove l’8 dicembre 2018 hanno perso la vita cinque adolescenti e una giovane mamma. Ieri la procura ha chiesto il rinvio a giudizio, come del resto si attendeva. Nessuna sorpresa per un passaggio quasi automatico.

«Andremo a dibattimento – le parole di Matteo Principi al termine dell’udienza -, la nostra volontà, come abbiamo detto fin dall’inizio, è poter raggiungere la verità su quanto è successo in questa drammatica vicenda. Mi auguro nel più breve tempo possibile, confidando nei tempi della giustizia perché anche la tempistica è importante». La prossima udienza è stata fissata per il 22 febbraio. «Cercherò nei limiti del possibile di essere presente – aggiunge -. Non ho cercato altre strade come il rito abbreviato o il patteggiamento, ma ho scelto di affrontare questo percorso giudiziario che sicuramente sarà complesso. Ci sono tante cose da dire, da riferire, da raccontare che abbiamo analizzato in questi mesi anche con i nostri consulenti. Sono tante, diverse, complesse e quindi cercheremo di fare un quadro chiaro e veritiero, collaborando con la giustizia». Altri percorsi giudiziari non gli avrebbero consentito di raccontare ciò che realmente ha fatto e l’attenzione posta sulla Lanterna Azzurra, affidandosi alla competenza degli esperti che componevano la commissione di cui lui era presidente in quanto sindaco. Un organismo che per la procura ha commesso gravi errori, e quindi ha chiesto di mandare a processo tutti i membri che lo componevano. «Ho sottoposto per ben due volte nel mio mandato a verifica quella struttura» conclude il sindaco di Corinaldo, certo di aver fatto quanto nelle sue possibilità, affidandosi in buona fede al giudizio degli esperti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA