Vile oltraggio alla memoria dei partigiani: tracce di vernice rossa sulla parete dei fucilati

Vile oltraggio alla memoria dei partigiani: tracce di vernice rossa sulla parete dei fucilati
Vile oltraggio alla memoria dei partigiani: tracce di vernice rossa sulla parete dei fucilati
di Fabrizio Romagnoli
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Martedì 26 Aprile 2022, 06:05 - Ultimo aggiornamento: 15:15

JESI  - Vernice rosso sangue sui fori del muro di via delle Orfane. Fori che sono di proiettile: qui l’8 e 9 febbraio del 1944 il plotone d’esecuzione fascista fucilò i partigiani Armando Magnani e Primo Panti. Da allora ne restano i segni, coperti di colore da mani ignote alla vigilia del 25 aprile e della ricorrenza della Liberazione.

Di vernice rossa ce n’è anche sotto la lapide che ricorda i fatti.

Tracce che nel pomeriggio del 24 aprile, quando Anpi, Associazioni Combattentistiche e d’Arma e cittadini hanno effettuato il tradizionale passaggio fra cippi e luoghi della Memoria per deporre corone di alloro, non c’erano. Non si notano altri segni o scritte.


A segnalare l’episodio è stata Rosalba Cesini, già consigliera comunale e deputata e oggi componente il direttivo jesino dell’Anpi. Ruolo in considerazione del quale Cesini è stata chiamata a intervenire nella cerimonia di celebrazione della Liberazione davanti al Comune, tornata in presenza dopo due anni di restrizioni per la pandemia. Parole, quelle di Cesini, in gran parte dedicate al dramma della guerra in Ucraina e concluse con un «Viva la Pace!». Ma che hanno anche bacchettato episodi e scelte recenti della politica cittadina: dal simbolo fascista della Repubblica di Salò comparso in mano alla consigliera comunale Chiara Cercaci in una seduta di commissione al previsto restauro di una scritta pure fascista riapparsa all’ufficio Anagrafe.

«A che serve, che ne penserebbero le vittime o la concittadina onoraria Liliana Segre? – chiede Cesini - La si restauri solo inquadrandola nel contesto dei crimini commessi dal fascismo a Jesi». E poi, nell’elencare episodi di intolleranza, la denuncia: «Anche stamattina abbiamo trovato imbrattato il punto della fucilazione dei partigiani Magnani e Panti. Oltre ad essere stato strappato un manifesto davanti alla nostra sede di via Tessitori».


Il muro e gli eventi di via delle Orfane pochi giorni fa erano stati portati all’attenzione nazionale dal settimanale Famiglia Cristiana che, prendendo spunto dal libro “Storie di bombe e di sogni” scritto dal giornalista jesino Luca Angelucci, ha raccolto i ricordi di bambino in tempo di guerra di Aldo Mancini, 87enne padre del Ct della Nazionale di calcio, Roberto. Fra questi, proprio i terribili attimi delle esecuzioni di Magnani e Panti, viste da Aldo coi suoi occhi. «Magnani – il suo racconto a Famiglia Cristiana - aveva poco più di 50 anni. Io, con due miei amici, mi ero nascosto dietro a una recinzione. Il comandante del plotone di esecuzione fascista gli intimò di voltarsi contro il muro. Ma lui non accettò: “Datemi una sigaretta e dopo sparatemi nel petto!”. Lo accontentarono. Fumò e poi sentimmo gli spari. Lui si accasciò e lo lasciarono lì fino a sera, sotto la pioggia. La mattina dopo, davanti allo stesso muro, gli stessi aguzzini replicarono la scena con un muratore e partigiano di trent’anni, Panti. E io con i miei due amici eravamo di nuovo lì. Non avevamo paura, ci eravamo abituati a vedere scene atroci». 

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