Dimissioni di medici, ferie e riposi: il Pronto soccorso è sempre più in emergenza

Dimissioni di medici, ferie e riposi: il Pronto soccorso è sempre più in emergenza
Dimissioni di medici, ferie e riposi: il Pronto soccorso è sempre più in emergenza
di Talita Frezzi
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Sabato 31 Luglio 2021, 10:44

JESI  - Ieri mattina un altro medico del Pronto soccorso ha salutato i colleghi e il primario, per lasciare il suo incarico a Jesi. Destinazione, l’ospedale di Rimini dove è stato assunto. E’ il quinto camice bianco che il Pronto soccorso del “Carlo Urbani” perde. Un effetto domino, iniziato per la verità a giugno, e di cui si sentono gli effetti sui tempi d’attesa dei pazienti e sulla gestione dei riposi e delle ferie degli altri, sacrosanti specie dopo un anno e mezzo di battaglia Covid, ma che richiedono ulteriori sacrifici. 


Nel mese caldo (non solo per le temperature) del lavoro, al Pronto soccorso è di nuovo emergenza, stavolta per via della carenza di personale medico e Oss. «Due dottoresse sono in maternità; due medici assunti con contratti co.co.co Covid hanno terminato il loro periodo di lavoro e sono stati assunti altrove; stamattina (ieri per chi legge, ndr.) un quinto medico ci ha salutati perché è stato assunto a Rimini.

Siamo in difficoltà». Lo ammette il direttore dell’Unità Operativa di Pronto soccorso, Mario Càroli. «Ora abbiamo in servizio 9 medici – spiega – ma in questo periodo tra ferie e riposi, intoccabili dopo tutto il sacrificio chiesto e fatto in un anno e mezzo di Covid, siamo ridotti al minimo per fronteggiare le emergenze e dare una risposta adeguata all’utenza. Per coprire tutti i turni ho dovuto chiedere a qualcuno di fare il doppio turno e togliere il terzo medico di pomeriggio per spalmarlo sul resto dell’orario».

E lui, questa infaticabile macchina da guerra che è il primario, è il primo a escludere per sé le ferie: ci confessa che non lascerebbe mai i suoi colleghi e che si farà bastare, anche quest’anno, qualche sabato o domenica di riposo. A luglio si registrano in media dai 90 ai 100 accessi al giorno, per lo più codici verdi di bassa gravità (il 65/70%), solo un 2% codici rossi con pericolo di vita dei pazienti. Il resto, sono codici arancione (media gravità con rischio per la salute del paziente) o azzurri (gravità da monitorare ma che non preoccupa), i nuovo gradi introdotti ad aprile. Poi c’è l’esercito dei bianchi che si potrebbero anche recare dal proprio medico di base. 


«Sono comunque numeri importanti cui noi dobbiamo far fronte – spiega ancora Càroli – Tamponare tutto e accontentare l’utenza non è facile, perché meno medici significa tempi di attesa più lunghi: in media, per un codice arancione o azzurro, l’attesa adesso va dai 20 ai 30 minuti. Più difficile la situazione dei codici verdi, che possono attendere anche per delle ore. Ma ovunque è così, se pensiamo che oggi a Torrette il codice verde ha un’attesa stimata di 4 ore e 52 minuti». Con l’attesa e l’impossibilità – per via delle disposizioni anti Covid – dei familiari di accedere al pronto soccorso, per i pazienti si profila la necessità di assistenza (pasti, igiene personale, accompagnare in bagno chi non è autonomo) garantita dagli Operatori socio sanitari, figure che al pari dei medici, scarseggiano. La carenza di medici è al centro di un esposto presentato in Procura dal Tribunale del Malato e dal Comitato a Difesa dell’Ospedale di Jesi. 

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