JESI - Scatta la fase 2 pronti a uscire di casa, un po’ come Fantozzi e colleghi all’uscita dal lavoro, ieri gli effetti del decreto si avvertivano nitidamente per strada. E’ tornato il traffico, sono tornati i ciclisti a frotte, assiepati per pedalare verso il lungomare e per le strade periferiche, suscitando lo sdegno social di tanti che inneggiano al buon senso. Hanno riaperto i cimiteri e alcune attività commerciali come i bar.
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Ma il centro è pressoché vuoto, anche se ieri senza campanelle e senza festa, era il patrono San Floriano. Ma non è per tutti questa fase 2. «Da non credere – dice Omar Carlin, coordinatore dei servizi cimiteriali per la cooperativa Futura – già stamattina alle 7 (ieri per chi legge, ndr.) c’era una lunga fila davanti ai cancelli ancora chiusi per entrare a far visita alle tombe dei propri cari. Ed è stato un continuo, saranno venute nella sola mattinata a dir poco 500 persone, che si sono riversate sia davanti alle tombe che a passeggiare tra le varie aree del camposanto, facendo capannello con conoscenti e amici. Si sono create inevitabilmente delle situazioni di incontro, chiacchiere e di assembramento»
prima settimana - aggiunge Carlin - poi dovrò scrivere al sindaco per comunicare quanto emerso e le valutazioni finali spetteranno al Comune, se aprire con modalità contingentate o disporre nuove misure precauzionali». Ma c’è di più: nei giorni scorsi, quando il camposanto era ancora chiuso, ignoti si sono introdotti all’interno scavalcando o forzando i cancelli per andare a correre tra le tombe a terra, evitando così controlli e multe.
Attivo già dal 6 aprile il “Caffè Saccaria” di corso Matteotti, attività storica del centro che oltre alla torrefazione del caffè offre anche prodotti dolciari e liquori, tanto da rientrare nella categoria degli “alimentari di prossimità”. «Siamo stati aperti perché ci era permesso – dice Alessia Ulisse – ma la gente era davvero poca e spaventata. Oggi (ieri, ndr) c’è stato più movimento, perché le persone hanno voglia di un buon caffè che però devono consumare da asporto e all’esterno».
Regole stringenti che fanno scuotere la testa e gettare la spugna, almeno per il momento, anche a uno tosto come Mirko Martelli, il titolare del Caffè del Teatro di piazza della Repubblica. «Il 6 maggio dovevamo fare una grande festa per i 20 anni del Caffè – racconta Mirko – ma non si farà, anzi sebbene oggi potrei riaprire non lo faccio. Con queste regole è impensabile e i costi sono troppo alti in rapporto alla possibilità di guadagno. Rimandiamo la festa a quando sarà possibile, perché è un evento importante per la storia del Caffè del teatro e non ci rinuncio. Potrei fare dei cocktail e aperitivi a domicilio, portare le bottiglie di vino, ma quanto dovrebbero costare di più? No, non sarebbe onesto per i clienti. Preferisco spiegare come si fa in casa quel cocktail con ingredienti presi al supermercato, poi il primo giugno riapriremo e speriamo che le cose si siano sistemate nel frattempo».
Chi non molla e resiste dal 1800 è la Drogheria Copparoni, a metà di corso Matteotti, altra istituzione jesina. L’attività c’era dalla fine del 1800, poi Dario Copparoni iniziò a lavorarci come garzone-commesso-aiuto venditore dal 1942. Poi ne è diventato il titolare.
«Adesso ci sono io – dice il figlio del compianto Dario, Marco Copparoni – che porto avanti l’attività con mio figlio Lorenzo, la terza generazione.
Coda fin dall’alba al cimitero per le visite ai defunti
di Talita Frezzi
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Martedì 5 Maggio 2020, 06:35 - Ultimo aggiornamento: 09:31
Resistiamo. Abbiamo tenuto sempre aperto e garantito le consegne della spesa a domicilio specie ai clienti più anziani. Nelle scorse settimane davvero poca gente, oggi (ieri, ndr) si è vista una ripresa. Ma c’è il disagio dell’ingresso uno alla volta, dei tempi più lunghi per servire il cliente e magari la gente si stanca a far la fila all’esterno e se ne va. Abbiamo registrato una perdita di una metà della clientela solita e abbiamo molte rimanenze dei dolci e prodotti pasquali. Ma considerate le circostanze, pazienza».
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