JESI - Aveva portato via dalla scuola dove lavorava come bidello un pc portatile che veniva utilizzato saltuariamente o in rare occasioni, tanto che nessuno dell’istituto si era accorto della sparizione del dispositivo informatico, lasciato in uno stanzino. Solo tempo dopo è emerso il furto: i carabinieri, per tutt’altra questione, si erano portati a casa del bidello. Quest’ultimo, spaventato dalle divise e memore del taccheggio commesso in precedenza, spontaneamente aveva mostrato il computer, dicendo che lo aveva preso perché a scuola - il liceo scientifico Leonardo Da Vinci di Jesi - era inutilizzato.
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La confessione ha portato sotto inchiesta il bidello, facendolo finire a giudizio con l’accusa di furto aggravato.
Stando a quanto emerso, il bidello all’epoca in servizio al liceo scientifico di viale Giuseppe Verdi, si era appropriato del portatile che si trovava in uno stanzino della scuola. Era un pc che quasi mai, tra studenti e personale docente, veniva utilizzato. Un giorno lo ha preso e portato a casa. Nessuno si sarebbe accorto della sparizione del dispositivo, fino a quando i carabinieri hanno bussato alla porta del 50enne. Quest’ultimo pensava che le divise fossero arrivate per chiedere conto del pc. «L’ho preso io, lo restituisco subito» avrebbe detto il collaboratore scolastico, mettendosi da solo nei guai.
Perché i militari, in realtà, volevano parlare con il 50enne di un’altra questione, completamente estranea al furto. L’autogol ha fatto sì che il bidello jesino venisse denunciato a piede libero. Il processo si è innestato nel 2019. Ieri mattina, a cinque anni di distanza dalla sparizione del computer (poi restituito), è arrivata la condanna per il dipendente Ata a ventiquattro mesi di reclusione.
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