Indagati cento grottaroli. L’accusa: utilizzo abusivo di scali e piattaforme a Pietralacroce. Nel mirino anche l’Imu e la Tari

Indagati cento grottaroli. L’accusa: utilizzo abusivo di scali e piattaforme a Pietralacroce. Nel mirino anche l’Imu e la Tari
Indagati cento grottaroli. L’accusa: utilizzo abusivo di scali e piattaforme a Pietralacroce. Nel mirino anche l’Imu e la Tari
di Andrea Maccarone
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Martedì 21 Febbraio 2023, 03:25
ANCONA Utilizzo abusivo degli scali a mare e delle piattaforme antistanti le grotte. Cento grottaroli finiscono sotto la lente d’ingrandimento della Guardia di Finanza. Il caso è stato sollevato ieri durante il consiglio comunale dal capogruppo di Forza Italia, Daniele Berardinelli. «Purtroppo negli ultimi 20 anni l’amministrazione comunale si è disinteressata completamente della situazione e ora questi cittadini risultano indagati» ha tuonato il consigliere con un’interrogazione dai banchi dell’opposizione.  

La vicenda 


Nei giorni scorsi, infatti, un centinaio di proprietari delle caratteristiche grotte ai piedi della falesia, nella zona sottostante Pietralacroce, sono stati ascoltati dalle Fiamme gialle per un caso di presunto utilizzo abusivo delle piattaforme antistanti e degli scivoli a mare. Contestualmente la Guardia di Finanza avrebbe chiesto anche di mostrare la documentazione che attesti il pagamento delle tasse comunali, Imu e Tari, degli ultimi cinque anni. Quindi, da una parte un filone d’indagine che potrebbe sfociare nel penale. L’altra questione puramente amministrativa, qualora fosse provato il mancato pagamento delle imposte, potrebbe culminare in una sanzione ai danni dei grottaroli. 


La storia


La questione risale ad oltre 20 anni fa, quando il Comune di Ancona aveva di fatto sanato la posizione di tutte le grotte dalla parte del Passetto, da sotto le piscine fino al tratto più a nord verso la Grotta Azzurra.

Discorso differente, invece, per il versante sud da Pietralacroce fino alla Vedova, dove l’area antistante le grotte è di proprietà del Demanio Marittimo, comprendendo anche le strutture costruite dal dopoguerra agli anni ’60: piattaforme e scali in acqua per agevolare la discesa delle imbarcazioni. Per far sì che fosse in qualche modo regolarizzata la posizione anche di questa fascia di grotte era stato raggiunto un accordo con il demanio per il versamento di una quota annuale di 38 milioni delle vecchie lire che, suddivisi tra tutti i proprietari, finiva per essere una somma di circa 200 mila lire pro capite. La quota complessiva veniva versata direttamente al Ministero del Tesoro dall’associazione Grotte Pescatori della Ginestra. 


Ma dal 2001, fanno sapere alcuni grottaroli dell’associazione, non è più stato recapitato nessun bollettino. Di conseguenza non si è provveduto ad ottemperare i relativi pagamenti. Da qui l’indagine per presunto utilizzo abusivo delle strutture. Il caso è passato nelle mani dell’avvocato Marco Pacchiarotti incaricato dall’associazione dei grottaroli. «Siamo in attesa di conoscere esattamente quali reati verranno contestati - ha detto il legale -, le piattaforme, ormai anch’esse parte del demanio, non sono precluse all’utilizzo da parte della collettività». La vicenda verrà affrontata nuovamente durante il prossimo consiglio comunale con la risposta del vicesindaco Pierpaolo Sediari.
 

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