Frasassi spettacolo, scoperte due grotte: speleologi Indiana Jones fanno la storia

Frasassi spettacolo, scoperte due grotte: speleologi Indiana Jones fanno la storia
Frasassi spettacolo, scoperte due grotte: speleologi Indiana Jones fanno la storia
di Veronique Angeletti
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Mercoledì 30 Settembre 2020, 02:05

GENGA - Batte forte il cuore del Monte Frasassi. Quattro speleologi del Cai di Jesi hanno scoperto un nuovo complesso ipogeo. Due grotte, tra cielo e terra, nascoste nella roccia delle falesie orientali a pochi metri del Foro degli Occhialoni, quasi di fronte al borgo di San Vittore.


 
Ieri pomeriggio sono riusciti a sfondare il diaframma, ad entrare nella seconda grotta per scoprire che si tratta di due stanze lunghe 40 metri, con uno sviluppo verticale di 8 e di 12 metri ma, più di tutto, sono delle grotte vive nel quali tutti i fenomeni sono ancora in atto e, dalle prime perlustrazioni, i quattro Indiana Jones hanno già intuito che possano svilupparsi in ulteriori ambienti. 

A metterli sulle tracce di queste meraviglie è stata una frattura a forma di “V” rovesciata, individuata nella falesia dall’occhio accorto di Michele Merloni, il 9 settembre scorso. «La frattura era colma di terra e rivestita da una fitta vegetazione – spiega il trentottenne fabrianese – ma avevo un presentimento». Pertanto, Michele si cala con una corda, scava tra le piante e scopre, incastonati nel terriccio e intrappolati nelle radici, frammenti di speleotomi (depositi di precipitazione chimica che si formano proprio all’interno di cavità carsiche). 
Poi, all’apice della spaccatura, nota un minuscolo foro da cui spira aria. Segnali inconfutabili che, dentro la falesia, a quell’altezza, forse c’è più di una grotta. Michele ritorna allora più volte per allargare il foro, rimuovere alcune pietre e, il 16 settembre, trova una parete dietro alla quale c’è una cavità da cui si libera un discreto flusso d’aria. Come gli scopritori delle grotte di Frasassi, proprio come quel 25 settembre di 49 anni fa, ricorre al trucco del sasso lanciato nel pertugio per misurarne l’altezza. Il sasso salta, balza, rimbalza: il cunicolo c’è ed è pure lungo. 

Il 21 settembre, Michele ritorna sulla falesia ma questa volta con Antonio Piazza, il presidente del Cai Jesino Luca Pieroni e il geologo Amedeo Griffoni. La discesa nel pozzo, in verticale, lungo una decina di metri e poi incontrano la prima grotta. «Si tratta – spiegano – di una piccola sala di forma allungata in direzione sud-sud-ovest. Da questa sala si biforcano due corridoi: uno verso sinistra, in direzione sud-sud-ovest, che conduce ad una ulteriore sala allungata di dimensioni più esigue attualmente ostruita da fango; l’altro cunicolo prosegue verso destra in direzione nord-ovest e conduce ad un’ampia sala alta circa 10 metri. 

Michele, come primo scopritore, la battezza “La grotta del Cervo bianco”. La mitologia associa il cervo al dio del sole, della luce e del cielo, un simbolo dell’unione fra le forze caotiche dell’ombra e le forze luminose dell’ordine, un messaggero divino. Nome che quasi anticipa la scoperta nella scoperta di ieri pomeriggio, quando i quattro del Cai di Jesi hanno allargato un buco nella grotta e ne hanno svelata un’altra. La scoperta è notevole, ha un’alta valenza scientifica perché queste grotte formano un complesso e, per la scienza, sono delle stanze del tempo. «Le pareti – spiegano gli speleologi del Cai – si presentano ammantate di latte di monte (materiale pastoso di colore bianco, con un elevato contenuto in acqua e di materiali come la calcite e il gesso ndr) mentre fango e detriti calcitici tappezzano il suolo.

Inoltre sono stati evidenziati vari esemplari di fauna troglofila e troglossena». Ieri, i quattro hanno scritto un altro capitolo della storia delle Grotte carsiche di Frasassi che si confermano un geosito patrimonio dell’umanità. 

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