Uccide la moglie malata poi si spara alla tempia: non voleva farla soffrire

Uccide la moglie malata poi si spara alla tempia: non voleva farla soffrire
Uccide la moglie malata poi si spara alla tempia: non voleva farla soffrire
di Lorenzo Sconocchini
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Domenica 28 Giugno 2020, 03:10 - Ultimo aggiornamento: 29 Giugno, 11:59

FILOTTRANO - «Ogni mese può essere quello buono per perderla». Ripeteva spesso questa frase sconsolata Antonio Pireddu, ai vicini che le incrociavano a spasso con il cane, parlando di sua moglie Ida. Da quando i medici, ormai anni fa, le avevano dato pochi mesi di vita. Invece Antonio e Ida avevano tirato avanti insieme, resistendo uno accanto all’altra, lottando contro una malattia che costringeva a letto lei, con i bomboloni d’ossigeno quasi sempre attaccati, e lui in casa a prestarle assistenza, specie ora che era in congedo dall’Arma.

Hanno resistito fino a ieri pomeriggio, nella giornata più afosa di giugno, quando il figlio Fabio, che era andato a cercarli perché al telefono non rispondevano, li ha trovati entrambi morti: due colpi precisi sparati, almeno secondo la prima ricostruzione dei carabinieri, dalla pistola che Antonio deteneva regolarmente dopo essersi congedato con il grado di appuntato al Nucleo operativo radiomobile della Compagnia di Osimo. 
L’ipotesi più probabile, data praticamente per certa, è quella di un omicidio-suicidio, anche se per chiudere il caso bisognerà attendere quanto meno i primi risultati dei rilievi fatti dai carabinieri della Scientifica, entrati nel villino a schiera di via Sant’Ignazio 14/f quando il sole ormai piegava all’orizzonte della campagna tra le province di Ancona e Macerata. Un paesaggio incantato, a fare da sfondo a quello che sembra davvero uno struggente dramma familiare, che gli amici dei figli, conoscendo la sofferenze di quella casa, definiscono «un atto estremo d’amore».

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Antonio Pireddu, 60 anni, e sua moglie Ida Creopolo, 59, abitavano a Sant’Ignazio di Filottrano dal 2012, nel quarto dei nove villini a schiera che venendo da Filottrano spiccano sulla destra percorrendo la strada che va verso San Faustino di Cingoli. Casette disposte a semicerchio, color panna, ocra e rosso mattone, oppure bianche come quella dei coniugi Pireddu, genitori di due figli maschi, Francesco e Fabio, 36 e 35 anni.

È toccato a Fabio, ieri pomeriggio intorno alle 16 e 30, trovare i genitori morti in camera da letto. Li aveva cercati al telefono, per mettersi d’accordo su alcune incombenze domestiche, me nessuno dei due rispondeva. Il figlio si è preoccupato, è corso in auto a Sant’Ignazio e ha aperto con un mazzo di chiavi di riserva, trovandosi davanti a una scena orribile. Le urla hanno fatto uscire di corsa alcuni residenti, subito sono accorse le ambulanze del 118, ma non c’era più tempo per allungare ancora un po’ la vita di Ida, segnata negli ultimi otto anni dalla malattia. Non c’era tempo per dare ancora un senso all’amorevole dedizione con cui il marito la aiutava a sopportare la malattia, che le toglieva il respiro e la teneva segregata in casa, spesso a letto. 

C’era solo tempo per far correre i carabinieri, gli ex colleghi di Antonio, prima quelli della stazione di Filottrano e della compagnia di Osimo, con il comandante Luigi Ciccarelli, poi il comandante del Reparto Operativo di Ancona, colonnello Americo Di Pirro. Arrivano anche gli esperti della Scientifica, con le loro tute bianche, restano fino a notte nel villino della tragica fine di due coniugi. Prelevano materiale utile a ricostruire quello che è accaduto. Già oggi faranno una prima relazione al magistrato di turno in procura, il pm Andrea Laurino, che ha aperto un fascicolo destinato a chiudersi, a meno di colpi di scena davvero improbabili, con l’archiviazione con la formula «per morte del reo».

Una povera donna malata, un uomo che l’amava e non ha resistito all’idea di vederla soffrire per chissà quanto tempo ancora. «Ogni mese può essere quello buono», ripeteva come un mantra Antonio.

Poi non ce l’ha fatto più e ha deciso lui qual era il giorno buono per perdere Ida e per andarsene insieme a lei. Perché aveva finito la sua missione.

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