«Vi racconto la mia odissea dopo un incidente: un incubo, 17 ore al Pronto soccorso»

«Vi racconto la mia odissea dopo un incidente: un'odissea, 17 ore al Pronto soccorso»
«Vi racconto la mia odissea dopo un incidente: un'odissea, 17 ore al Pronto soccorso»
di Gianluca Fenucci
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Sabato 14 Gennaio 2023, 02:50 - Ultimo aggiornamento: 17:23

FALCONARA  - «Ho fatto 17 ore di pronto soccorso all’ospedale di Torrette e ne ho viste di tutti i colori: così non può andare bene e non è certo questo l’esempio di civiltà e senso civico che si deve dare a una collettività». Giuliana Bufarini è la titolare da 42 anni dell’omonima azienda falconarese che si occupa di servizi ambientali, green e smaltimento dei rifiuti. La falconarese è reduce da una brutta esperienza che vuole raccontare, dice, soprattutto perché spera che le cose vadano in un’altra direzione e possano essere migliorate dai responsabili. 

 
Lo sfogo 


«Ho avuto un incidente stradale la sera del 10 gennaio – dice l’imprenditrice – quando poco prima dell’ingresso autostradale di Ancona Sud la mia auto è stata tamponata da un’altra autovettura.

Era tarda sera e in quel momento non ho voluto recarmi all’ospedale: sono tornata a casa ma il giorno dopo avevo diversi dolori al rachide cervicale ed al collo, oltre che un forte mal di testa ed allora ho voluto rivolgermi al pronto soccorso di Torrette, dove sono arrivata intorno alle 16,30».


Da quel momento Giuliana Bufarini deve aver vissuto una sorta di odissea perché la voce diventa incrinata e il tono molto amareggiato. «Già al momento dell’accettazione – dice la donna falconarese – ho notato l’indifferenza degli operatori: nessuno mi chiedeva il mio stato di salute, mi hanno fatto accomodare, e si fa per dire, su sedie di ferro molto dure e scomodissime, dove era impossibile riposare. Il bagno era in condizioni disastrose ed erano appena le ore pomeridiane, non certo quelle di fine giornata: il contenitore col gel disinfettante per le mani era vuoto, non c’era acqua da bere, l’ambiente era sporco e poco sicuro». Ma quel che più ha causato amarezza in Giuliana Bufarini, che è uscita dall’ospedale la mattina dopo alle 9, dopo 17 ore di pronto soccorso, è stata la sensazione di sentirsi abbandonata a se stessa.

«E col cambio di turno del personale – prosegue – è andata anche peggio: erano tutti solo impegnati al computer. Ci sono pazienti che hanno necessità di sostegno e di aiuto e trovano indifferenza. Ci ho messo tutta la pazienza del mondo, sono stata tollerante, ma alla fine mi sono anche un po’ alterata: sono una imprenditrice e non mi piace chi non svolge il suo lavoro con perizia e competenza, con sensibilità e attenzione. La sala d’attesa è improponibile e anche il nuovo spazio che hanno annesso alla sala di attesa non è in buone condizioni: tutto mi è sembrato in una situazione di degrado e di abbandono». 


La riflessione


Giuliana Bufarini non fa di tutta l’erba un fascio e chiarisce il suo pensiero. «So bene che i reparti dell’ospedale regionale sono di eccellenza e sono di qualità – conclude – e che i medici sono apprezzati ma il pronto soccorso deve essere rivisto e ripensato ed i responsabili devono curare i particolari e gli ambienti. Le persone non sono numeri e meritano attenzione».

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