FALCONARA - Un uomo prostrato e deluso anche se assolto due volte “per non aver commesso il fatto”, eppure costretto a vivere «sotto il limite della povertà assoluta». Il falconarese G.C. ha deciso di scrivere una lettera per raccontare la sua storia di dissapori pesanti con la madre. «Sono stato assolto due volte in processi penali - dice - ma mi ritrovo a scontare la pena a vita di vivere in povertà. Nessuno mi ha rimborsato dei danni derivanti dalle ordinanze restrittive emesse durante i due processi e divenute nulle dopo la mia assoluzione».
La storia inizia nel 2011, quando il falconarese fu querelato per “maltrattamenti familiari” dalla madre. «Avevo smesso di pagare le bollette della luce e del telefono e alcune spese di casa, cosa che facevo mentre lavoravo, ma per raggiunti limiti di età a dicembre del 2010 ho trattato la mia fuoriuscita dall’azienda in cui lavoravo e mi servivano alcuni mesi per riprendermi.
Il resto è fatto di liti e accuse tra madre e figlio e la morte di tumore del padre, che G.C. adorava. C’è un altro processo. Nel 2019 l’uomo viene di nuovo allontanato da casa perché la madre, che per alcuni anni ha vissuto a Chiaravalle, voleva tornare a viverci. Il 4 giugno 2020 viene assolto per non aver commesso il fatto. «Nel frattempo non ho più un euro, ho elemosinato pasti alla Caritas, mi sono lavato nei bagni pubblici. Non ho commesso reato eppure non ho visto l’ombra di un risarcimento. Che giustizia è questa?».