FABRIANO - «Un uomo attaccato al suo quartiere, alla parrocchia, ai bisogni della gente». E’ il ritratto più intimo, lontano dai riflettori, che don Umberto Rotili, parroco della chiesa della Misericordia di Fabriano, ha tracciato ieri mattina durante l’omelia per Antonio Merloni durante le esequie presiedute dal vescovo, Francesco Massara, con altri sette sacerdoti. La città della carta si è fermata per l’ultimo saluto al terzista numero uno d’Europa negli anni d’oro degli elettrodomestici, nonché sindaco dal 1980 al 1995, che si spento sabato notte a 93 anni, nel giorno dedicato a Santa Lucia, patrona dei metalmeccanici.
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Una data simbolo, visto che Merloni, per tanti anni, festeggia la Santa invitando in fabbrica anche 10mila operai e familiari.
In chiesa anche tanti operai, rappresentanti delle istituzioni, politici locali e l’imprenditore Giovanni Porcarelli che con la sua JP si era aggiudicata il comparto elettrodomestici ex Ardo. Nell’omelia il parroco, don Umberto Rotili, ha evidenziato un lato umano e cristiano. «Sono il suo parroco. Lui è stato un parrocchiano, fino all’ultimo. Ha avuto a cuore questa comunità, da sempre. E’ stato presente non solo finanziariamente, ma anche con l’affetto e la sua presenza».
Secondo il sacerdote «è il momento di ritrarre l’uomo e non l’imprenditore». Uno sguardo diverso iniziato con i ricordi. «Il suo posto era la terza o quarta fila dal fondo: tutti i sabati sera, con la moglie Cecilia, era seduto laggiù. Erano sempre insieme. Quando lei è morta, l’anno scorso, è stata dura riprendersi, avevano un legame specialissimo. Antonio – ha detto don Umberto - è stato sempre attento ai poveri, si è fatto vicino a tante situazioni nascoste. Lo dobbiamo ricordare non solo per le grandi cose industriali e politiche che ha fatto, ma perché era un parrocchiano vero, un altruista». Spiegando il vangelo dei talenti che è stato letto il sacerdote ha evidenziato come «Merloni è stato uomo del fare: ha costruito, ha amato fino alla fine ciò che faceva. La malattia lo aveva debilitato negli ultimi tempi, ma non si mai arreso. Un giorno, recentemente, riuscì a scendere per visitare gli uffici nel piano sotto l’abitazione».
Un uomo che «ha creduto che ogni gesto creativo può cambiare il mondo». Al termine della celebrazione, prima della partenza per il cimitero di Albacina, dove è stato sepolto nella tomba di famiglia, il saluto del vescovo, monsignor Francesco Massara: «Se ne è andata un pezzo della storia delle Marche e d’Italia. Ha lasciato un segno. Io l’ho conosciuto recentemente, durante la malattia. Mi ha colpito il suo desiderio di pregare insieme e di ricevere la Comunione. Ognuno di noi lo deve ringraziare per quello che ha fatto ed è stato». Don Umberto Rotili ha svelato che di recente lo stesso Antonio aveva chiesto di far celebrare una santa Messa per il 19 dicembre, in occasione del 50°anniversario della scomparsa del padre, Aristide. «Sarà l’occasione – ha concluso il parroco - per pregare non solo per il capostipite della famiglia industriale, ma anche per Antonio e la moglie Cecilia».