Errori in serie sul ponte killer
«Crollo dovuto alla rotazione»

Errori in serie sul ponte killer «Crollo dovuto alla rotazione»
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Venerdì 4 Gennaio 2019, 04:05

CAMERANO - A far crollare il ponte 167 dell’A14, quello che il 9 marzo 2017 sbarrò la strada ai coniugi Diomede uccidendoli sul colpo, è stata una concatenazione di errori. Inesattezze e sottovalutazioni partite da lontano, a cominciare dalla mancanza di un progetto specifico di sollevamento dedicato a quel cavalcavia e alla sua natura, differente rispetto a tutti gli altri tronconi alzati in autostrada per la realizzazione della terza corsia. 

 

È quanto emerge dalla perizia tecnica firmata dall’ingegnere Gabriele Annovi, scelto dal sostituto procuratore Irene Bilotta per compilare una relazione finale sulle cause che quasi due anni fa hanno portato al collasso del cavalcavia tra i caselli autostradali di Loreto e Ancona Sud, provocando due morti e tre feriti: la coppia di Spinetoli che procedeva in direzione nord a bordo di un suv Nissan e un gruppo di operai caduti dalle impalcature al momento del cedimento del troncone. Il fulcro della relazione è stato già portato sul tavolo del magistrato. A breve, il dossier verrà raggiunto da un’integrazione. Ma l’inchiesta, che in origine vedeva 42 indagati tra società e persone fisiche, è praticamente terminata. A stretto giro dovrebbero partire le notifiche della conclusione delle indagini preliminari, avviate ipotizzando reati che vanno dal disastro colposo, alla cooperazione colposa in omicidio, passando per le lesioni in cooperazione colposa commesse con violazione delle norme di prevenzione sugli infortuni sul lavoro. 

Alcune posizioni sono state stralciate dalla procura dopo un primo minimo taglio (da 42 si era passati a 40 indagati) effettuato ad agosto. Intanto che le notifiche vengano diramate, sono emersi i primi risultati della relazione dell’ingegnere Annovi. All’origine del collasso del ponte 167 ci sarebbero una serie di errori e circostanze sottovalutate. In primis, la natura stessa del cavalcavia che presentava un «impalcato obliquo». Gli altri tronconi innalzati in precedenza per conto della società Autostrade (sempre sull’A14) per la presenza della terza corsia avevano un asse retto. La criticità si è presentata, sostiene la consulenza dell’accusa, all’assenza di un progetto specifico per sollevare il 167 di 34 centimetri, “trattato” alla maniera dei ponti con asse retto pur avendo caratteristiche differenti. Scrive l’ingegnere: «La serie di concause ha come punto di partenza la sottovalutazione sia in fase di progetto che esecutiva del possibile movimento di rotazione attorno all’asse verticale passante per il baricentro di un ponte impalcato obliquo durante le operazioni di movimentazione». 
La relazione
Da quanto emerge nella relazione, il cavalcavia avrebbe ceduto nel momento in cui le operazioni di sollevamento effettuate dalla Delabech (ditta in appalto alla Pavimental società a sua volta controllata da Autostrade) si erano concluse. Durante l’innalzamento, avviato in più fasi, non si sarebbero adottate le misure necessarie a prevenire un possibile movimento di rotazione dell’asse, favorendone la caduta sul lato sud dell’autostrada. «La progressiva rotazione ha raggiunto all’ultimo sollevamento un valore tale per cui non era più soddisfatta la condizione di equilibrio e il ponte è sfuggito ai collari posti attorno ai pistoni dei martinetti». In sostanza, nelle fasi del sollevamento ci sono stati una serie di movimenti che avrebbero portato il cavalcavia a una posizione che per sua natura non avrebbe potuto mantenere. La rotazione rappresenterebbe l’unico «movimento permesso dalla forma obliqua dell’impalcato del ponte che non era stato in alcun modo previsto in fase di progetto e di esecuzione dei lavori».

Sull’indagine pesa anche la relazione della commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dall’ex senatrice Camilla Fabbri, secondo cui alcuni operai, almeno 40 minuti prima del collasso, avevano notato movimenti anomali del ponte. In quell’arco di tempo, secondo la relazione, non sarebbe stato fatto nulla, o non abbastanza, per evitare che il cavalcavia cadesse contro l’asfalto. «L’incapacità di adottare subito le misure preventive – sostiene la commissione - e protettive dettate dall’emergenza (il ponte sta sfuggendo di mano alla direzione dei lavori ma le persone presenti e quelle assenti non si trovano pronte ad adottare alcuna misura) dimostra che non v’era un programma di sicurezza per fronteggiare l’emergenza in quel cantiere mediante ad esempi.

evacuazione, interruzione del traffico, messa in sicurezza urgente con misure alternative». 

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