Ancona, tra ombrelloni e scongiuri ristoratori pronti a ripaprire. «Guarderemo le previsioni meteo prima di fare la spesa»

Dehor pronto per la ripartenza
Dehor pronto per la ripartenza
di Maria Cristina Benedetti
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Lunedì 26 Aprile 2021, 03:20

ANCONA - La linearità del ragionamento - «sì riapriamo, ci aspettiamo che venga la gente» - s’increspa sulle incertezze del meteo. «C’è chi dice che non sarà bellissimo». Ma in un vedremo Denise Catalano, il volto e il motore del ristorante L’Ascensore, racchiude tutto: la tenacia per farcela, la consapevolezza delle regole da rispettare.

«L’ultima ordinazione l’accetteremo alle 21 e 10. Lo impone il coprifuoco. Dobbiamo tener ben presente che non sarà, e non dev’essere, un libera tutti». Da quel bastione del Passetto, dove Ancona è un tutt’uno con l’orizzonte, ritma la nuova ripartenza: «Da domani (oggi, ndr) si ricomincia. Doppio turno, pranzo e cena, con una squadra di 25-28 persone impegnata tra tavoli e cucina. Le sedie saranno sistemate a un metro e venti l’una dall’altra». Un cronoprogramma che nulla concede alle polemiche circolate su Facebook sulla sua pedana vista-mare. Guarda e passa, Denise. Almeno ci prova. «Insulti gratuiti, è tutto a norma». Si spinge un po’ oltre: «Il Comune non ha agevolato nessuno». Fino a che la rabbia s’insinua nella pacatezza dei toni: «C’è voglia di lavorare, abbiamo sofferto tutti. Speriamo con la buona stagione di recuperare». Quel palco di legno, che s’affaccia sull’Adriatico, avrà il riparo degli ombrelloni e lo scivolo per i disabili. Ripete: «È tutto a norma». Il menù del preludio è una certezza: «Coccolare i clienti, ne hanno tanto bisogno». E chiude con un moto di solidarietà: «Un grande in bocca al lupo a tutti i colleghi». 
Puntando il navigatore su piazza del Papa, la continuità del gusto ha la voce cordiale di Corrado Bilò. Che rispetta alla lettera il copione. «Pranzo e cena, tutti i giorni. Senza sosta. Abbiamo già qualche prenotazione, speriamo che il tempo ci assista». Spazio all’aperto da sempre, un grande ombrellone e il verde come perimetro della riservatezza. La Moretta è una conferma. «Siamo fortunati a poter lavorare fuori, ma una parte di questa fortuna sarà condizionata dall’imprevisto». Cerca il punto d’equilibrio: «Tutte le sere controllerò le condizioni atmosferiche del giorno seguente e deciderò che spesa fare. Non voglio fare polemiche, ma c’è chi non capisce come si gestisce un’attività di ristorazione». Tocca scendere a compromessi con il tempo che agita il cielo. Ma a creare turbamenti c’è anche quello che muove le lancette. «Quando mi fai chiudere prima delle dieci di sera mi tagli le gambe. Una cena ha bisogno di relax. Mi piace corteggiare il cliente, creare un’atmosfera, che invece così si perde». Non c’è scampo: «Si cambiano le abitudini o si adattano i menù». Quello ideale per Bilò? «Il mio classico, stupendo, stoccafisso all’anconetana o il brodetto, due piatti unici». Che sfidano l’orologio. Oppure, Bilò non rinuncia all’ironia: «l’asso nella manica potrebbe essere la vecchia cara guluppetta». Chi non riesce a finire, si porta a casa quel che resta. Che sia la scintilla di una nuova tendenza? 
In linea con la stessa, identica sportina di speranze&rassegnazione. Marco Cupido, con la sua Degosteria che s’inerpica sull’antica direttrice di via Pizzecolli, è ai nastri di partenza. «Siamo pronti. Ci aspettavamo qualcosa di più. Magari di poter lavorare anche al chiuso, con tutte le restrizioni necessarie e i controlli. Una posizione che avevamo espresso anche al governatore Acquaroli». E non ne fa solo una questione personale. «Penso che sia una scelta che discrimina chi non ha posto fuori».
La sua pare una voce di popolo: «Staremo aperti sempre, saltando il turno di riposo.

Sì, abbiamo qualche prenotazione a pranzo. Per cena ancora niente, vedremo. Con questo tempo, poi». Si è già attrezzato: «Abbiamo affittato dei funghi per riscaldare la terrazza. Per adattarci alle varie richieste siamo costretti sempre a nuovi investimenti». Il paradosso: «Quel che riusciamo a guadagnare ci serve per sostenerli». Ma vuole crederci: «Ricominceremo da un nuovo menù: piatti semplici che rappresentano il territorio». L’antica ricetta dell’innovazione. Per farcela.

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