Volpini racconta la sua durissima battaglia: «Contro il virus il gol più bello.Vicino alla fine, ma ho vinto io»

Massimo Volpini (al centro) due amici di fede nerazzurra
Massimo Volpini (al centro) due amici di fede nerazzurra
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Venerdì 10 Aprile 2020, 05:55

SENIGALLIA - «Nessuna partita è stata così dura da vincere come questa». Massimo Volpini può respirare aria di casa. Ha tremato, alla moglie Carmen i medici avevano anche prospettato il peggio ma alla fine Volpini ha vinto la sua battaglia contro il virus con quello spirito da combattente che ha forgiato sul campo da calcio. Portorecanatese di nascita, Volpini vive a Senigallia da 40 anni, dopo aver sposato Carmen che le ha regalato il bel sorriso della figlia Beatrice. Volpini ha scritto pagine importanti nel calcio regionale, ha segnato tanti gol, indossando le maglie di Vigor, Castelfidardo, la mitica Falconarese del Commendator Bruno Bedetti e di mister Fiorindi. 


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Ha giocato anche tre anni con la maglia della Nazionale Dilettanti, mettendo a segno 3 gol, per approdare al Riccione di Zaccheroni e finire la carriera all’Osimana sempre in serie D. Il calcio è stata la sua vita ma anche l’inizio di questo suo dramma. «Era il 9 febbraio quando con gli amici dell’Inter Club – dice al telefono Volpini – siamo andati a vedere il derby, Inter-Milan. Lì, a San Siro, ho contratto il virus. Fu una serata felice, l’Inter vinse. Tornai a Senigallia e il giorno successivo ero senza voce ma davo la colpa all’entusiasmo e al tifo a squarciagola. Avevo un po’ di tosse e dopo due giorni 39,5 di febbre che non scendeva neppure con forti dosi di tachipirina».

Continua Volpini: «Ho fatto i raggi al torace ed era tutto normale ma il giorno dopo la febbre non si abbassava, la saturazione aveva valori bassi, ho ripetuto l’esame radiologico ed i miei polmoni erano completamente scuri e malati». Ricovero immediato. «Due giorni è come se non li avessi mai vissuti. Ho avuto una crisi respiratoria e mi hanno trasportato in Rianimazione, mi ha assistito lo splendido staff del dott. Andrea Ansuini. Mi hanno applicato una maschera pesantissima, la Niv, e 45 giorni dopo ne porto ancora i segni sulla testa. L’ho tenuta 7 giorni, i primi giorni il mio fisico non reagiva». Poi il segno che gli ha dato coraggio. «Era il 25 febbraio ed ero nella stessa stanza in cui 18 anni prima si spense mio suocero. Proprio quel giorno cominciai un lento ma progressivo miglioramento»
Due settimane in Rianiamzine, ora è a casa. «Avverto qualche vuoto d’aria ma dicono sia normale. Per 12 giorni ho respirato con la bombola d’ossigeno e la notte con la maschera. Avevo perso 8 chili, ne ho recuperati alcuni. Del resto – chiosa – mica potevo andarmene così. Alberto Zaccheroni quando vinse lo scudetto col Milan, nella sua prima intervista, disse che aveva conosciuto solo un vero numero 10: Massimo Volpini».

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