«Caro Conte, io non ci sto. E non mi faccio chiudere». Ma c'è anche chi dopo 37 anni di attività si ferma

Chiude la storica birreria Lady Hamilton di Marzocca
Chiude la storica birreria Lady Hamilton di Marzocca
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Mercoledì 29 Aprile 2020, 10:01 - Ultimo aggiornamento: 17:16

SENIGALLIA  - Dopo 37 anni di attività la storica birreria Lady Hamilton di Marzocca ha chiuso, garantendo solo la modalità delivery. Riaprirà quando potrà tornare a lavorare a pieno regime e non certo a giugno. «Con le restrizioni previste non riaprirò - spiega il titolare Andrea Baldi - perché gli incassi sarebbero inferiori mentre le spese aumenterebbero se, a quelle fisse, dovrò aggiungerci i costi della sanificazione». 

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È determinato, convito che la sua scelta gli eviterà ulteriori perdite. «Normalmente possono accedere 60-65 persone - spiega - secondo quanto previsto ne potranno entrare 10-15. Non ci sono margini di guadagno. Non posso nemmeno mettere i tavolini fuori perché rinuncerei ai parcheggi e la gente per raggiungermi, sto a Marzocca, ci deve venire in auto. Dove la lascia? Ho quindi deciso di riaprire quando tutti potranno tornare senza più limitazioni, continuando a lavorare solo con le consegne a domicilio». Incalza: «Certo è che uno Stato serio dovrebbe prendersi in carico le nostre spese, ma qui passano i mesi e non si vede nessuno». 

Andrea Baldi ha un cugino in Germania che fa il suo stesso lavoro e per un mese di chiusura ha ricevuto dallo Stato 30mila euro a fondo perduto. «In Italia sento solo chiacchiere - aggiunge - siamo abbandonati dallo Stato». Gli operatori apprezzano lo sforzo della Regione di voler anticipare i tempi, ma il problema non è la data. «Non è il quando riapriremo ma il come - conclude Baldi - le restrizioni, che non contesto perché c’è un problema sanitario, per noi sono deleterie e se lo Stato non può farci lavorare almeno ci mettesse nelle condizioni di vivere portando uno stipendio a casa». 

Va dritto al premier Conte invece Marco Quattrini, titolare del Blu Bar di Marzocca che da diversi giorni si è organizzato con il self-service. Ha messo fuori dal locale un distributore automatico di caffè, cappuccino e altre bevande. «Ho scritto a Conte per la disperazione perché la notte non dormo - racconta -, vorrei solo aiuti veri dallo Stato e non scuse». Eccolo in sintesi il suo appello. «Io non ci sto - scrive Quattrini -. Se dopo 36 anni di quotidiano e onorato lavoro, lei e gli scienziati mi permettete di aprire a giugno, senza aiuti veri non ci sto. Lei sa tutto di noi, dei nostri redditi, dei debiti che abbiamo contratto e sa benissimo che così non si può ripartire. Non può pretendere che comprenda le sue scuse per l’Inps che non ha ancora esaudito le richieste, per la cassa integrazione che non si vede». Lo sfogo continua: « Sono passati due mesi e ce ne chiede un altro. Si metta una mano sulla coscienza. Voglio aiuti veri e non ulteriori debiti con le banche.

Capisco il problema della salute e se non ci sono certezze posso stare anche chiuso ma non mi faccio chiudere». Un grido di dolore che si aggiunge a quello dei titolari di bar e ristoranti di tutta Italia che oggi, per protesta, consegneranno simbolicamente le chiavi dei loro locali ai sindaci.

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