La rabbia di baristi e ristoratori: «Una mazzata. Beffati e vessati, siamo senza certezze»

La rabbia di baristi e ristoratori:«Una mazzata. Beffati e vessati, siamo senza certezze»
La rabbia di baristi e ristoratori:«Una mazzata. Beffati e vessati, siamo senza certezze»
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Martedì 28 Aprile 2020, 07:30

ANCONA - La riapertura? Solo dal 1° giugno. Un altro mese di stop forzato, l’ultima beffa per i titolari di ristoranti e bar che vedono come un miraggio la ripresa delle loro attività, con tutto un carico di dubbi irrisolti sulle distanze, la sanificazione, le misure di sicurezza. Nel bailamme normativo, stasera alle 21 molti operatori anconetani parteciperanno al flash mob per invocare chiarezza e considerazione: luci accese e tavoli apparecchiati per nessuno, muniti di autocertificazione, ovviamente. Domani, invece, un rappresentante consegnerà simbolicamente le chiavi dei locali alla sindaca Valeria Mancinelli, con tanto di lettera di richieste: in primis, l’annullamento delle tasse sui rifiuti e sull’occupazione del suolo pubblico.


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«C’è una confusione totale, ci hanno avvertito da un giorno all’altro che possiamo fare take away - protesta Simone Boari della Cremeria Rosa - Un’altra mazzata grossa è stato il rinvio delle aperture al 1° giugno: il settore è in ginocchio, la situazione è drammatica. Nell’incertezza, abbiamo deciso di riaprire gradualmente i nostri locali per l’asporto: dopo Rosa, da giovedì partiamo con Maison Délice e On the Go e, dalla prossima settimana, con Lievito Mare». La preoccupazione si tocca con mano. Gabriele Battistoni ed Elisabetta Pincini di Zucchero a Velò stasera aderiranno al flash mob: «Accenderemo le luci, qualcuno farà finta di portare ordinazioni al tavolo - dicono -. La ripresa di giugno, oltre ad essere una beffa, è anche una scommessa al buio: rischiamo un calo del fatturato del 70% e nessuno parla di cancellazione di tasse e tributi, senza contare che ho 8 dipendenti e non so se potranno usufruire ancora della cassa integrazione. Intanto, abbiamo approfittato della pausa per ragionare sul futuro in termini di distanze dei tavoli e misure di sicurezza».

Beffati e vessati: è un sentimento comune nel mondo del food. Roberto Colella del Donegal calcola danni ingenti. «Siamo quasi al 90% di perdite, marzo è stato terribile perché coincide con il St. Patrick, la festa più importante per un irish pub: avevamo preparato concerti, t-shirt, tutto all’aria. E’ sconcertante l’incertezza: quando torneremo alla normalità? E quando riapriremo, come si comporterà la gente? Nei locali ci si va per stare insieme, non da soli, magari separati da un plexiglas». In piazza del Papa sembrano passati anni luce dagli ultimi party: il Coronavirus cambierà le abitudini della movida.

«Sogno una piazza di nuovo piena, ma adesso è il momento di attenerci alle regole - dice Federico Pesciarelli del Raval -. Speravamo in un’apertura più anticipata, ma evidentemente non ci sono ancora le condizioni di sicurezza: intanto, partiamo anche noi con il servizio da asporto. L’unica cosa che chiediamo è non doverci trasformare in cani da guardia: rispetteremo tutte le normative, ma non possiamo pagare noi le conseguenze dell’eventuale comportamento sbagliato di un cliente, in termini di multe e sospensioni delle licenze. Il controllo spetta alle forze dell’ordine, non può diventare una caccia alle streghe ai gestori».

No, perché gli operatori del food hanno già una montagna di problemi. «Siamo all’ultimo stadio, un altro mese di stop potrebbe essere fatale per molti - spiega Corrado Bilò della trattoria La Moretta -. Già dovrò ridurre i coperti estivi da 60 a 15, speriamo che almeno i clienti non siano costretti a mangiare con la mascherina. Riapriremo giusto per sopravvivere, non certo per fare affari, ma prima di rivedere una piazza del Papa brulicante passeranno mesi, se non anni». 

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