I baristi riaprono ma il caffè ha un sapore amaro: c'è il 20% di clienti

I baristi riaprono ma il caffè ha un sapore amaro: c'è il 20% di clienti
I baristi riaprono ma il caffè ha un sapore amaro: c'è il 20% di clienti
di Stefano Rispoli
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Martedì 19 Maggio 2020, 07:25

ANCONA - Il primo espresso al bar ha un sapore particolare. Sembra più buono. Quanto è mancato il brontolio delle caffettiere, il clangore delle stoviglie, il chiacchiericcio della gente. Colonna sonora del ritorno alla normalità. Una rinascita lenta, graduale, un po’ assopita. Ancona si è risvegliata frastornata dalla quarantena, ma ansiosa di ripartire. Tanta gente in centro, nonostante una pioggerella che ha scongiurato i temuti assembramenti. L’affluenza è aumentata nel corso del pomeriggio, ma i commercianti sono contenti a metà, come a metà sono ripartite le attività: molti hanno preferito prolungare il lockdown in attesa di tempi migliori o di chiarimenti sulle normative. 

Ci sono bar che non hanno alzato per niente la serranda, ristoranti che per ora garantiscono solo il servizio d’asporto o il delivery. Ma c’è anche la folta schiera di impazienti che non volevano né potevano aspettare oltre e non hanno chiuso occhio di notte, tanta era l’emozione di tornare al lavoro. Certo si aspettavano più affluenza, ma forse, come primo giorno, è meglio così: ripartire a razzo sarebbe stato un rischio. Alla Tazza d’Oro di corso Mazzini ieri alle 11 si faceva già un bilancio, tutt’altro che positivo. «Se siamo al 20% dei clienti abituali, è tanto: a quest’ora al bancone c’era la tripla fila - si rammaricava Flavio Zoppi -. Mi considererei fortunato se a fine anno non andremo in perdita. Purtroppo si è creato un clima di paura così forte che la gente si allontana. Per noi l’emozione era tanta, come al primo giorno di scuola». 

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Continua Zoppi: «Una specie di esame, viste le tante regole da rispettare. Ci siamo organizzati così: il cliente entra, si disinfetta le mani, va alla cassa per ordinare e pagare, ma senza toccare le paste in esposizione, poi va al bancone, preferibilmente senza appoggiarsi, si posiziona su uno dei bollini a terra distanziati di un metro e 29 centimetri, sorseggia il suo caffè ed esce passando dall’altra porta. Se vuole sedersi al tavolo, all’interno ci sono i divisori in plexiglass, all’esterno non ce n’è bisogno, nel rispetto delle distanze». Con gli uffici ancora in smartworking e il tribunale a scartamento ridotto, l’afflusso è contenuto, ma la pausa caffè è come una libertà riconquistata. «È un sapore antico che riaffiora alla memoria, dopo due mesi di chiusura totale è un ritorno ai vecchi tempi», sospira l’avvocato Gianni Marasca mentre si lascia inebriare dal suo espresso. Ci spostiamo in piazza Roma, popolata di nuovo da bancarelle e déhors: la gente si avvicina ai locali con circospezione, i tavoli sono per lo più occupati da singoli, con sigaretta e giornale in mano. 

«Ai clienti chiediamo di sedersi in diagonale, l’uno di fronte all’altro, in modo da rispettare il metro di distanza», spiega Antonio Lanza del bar La Piazzetta, nascosto da una visiera protettiva mentre serve cappucci e pastarelle. «I vigili mi hanno ripreso perché non indosso la mascherina, ma nel protocollo regionale c’è scritto chiaro e tondo: va bene anche la visiera. Vorrei istruzioni precise anche per chi passa vicino ai tavolini: devo essere fiscale sulle distanze con tutti? Abbiamo dovuto riaprire perché altrimenti saremmo morti di fame, ma scuole e uffici restano chiusi, la gente è poca e senza turisti perdiamo il 60% d’incasso». 
Al Caffè Roma un’allegra comitiva di amiche si è sistemata in due tavoli diversi: distanti ma vicine. «Certo che con questa mascherina si soffoca, la abbasso solo per bere il caffè: quanto ci mancava», sorride Francesca Moretti, mentre scambia quattro chiacchiere con Carla, Susy, Georgina e Rossella.

Il tempo fa le bizze, c’è chi i tavoli all’esterno ancora non li ha sistemati, come al Caffè del Teatro dove Daniele Emma serve bevande e panini all’esterno, barricato dietro uno schermo di plastica. «Ci stiamo organizzando, ma per ora andiamo avanti così - spiega -. Già il fatto che la colazione non bisogna più prenotarla e si può consumare qui, in piazza della Repubblica, è un sollievo». Lo è anche per Ivo Ballardini, ex bandiera dell’Anconitana: «Mi è mancato molto il caffè al bar - sospira -. Sono stato proprio male chiuso in casa e ho sofferto senza vedere mio nipote per un mese e mezzo». È ormai mezzogiorno e mezzo, ci spostiamo alla Cremeria Rosa, dove tutto è pronto per servire i primi pranzi. 

«Iniziamo un viaggio, pur sapendo che c’è un compagno scomodo in carrozza, il virus - è la metafora che utilizza Fabrizio Boari -.

Fin qui abbiamo visto pochissima gente, ci vorrà pazienza. L’importante era farsi trovare pronti». Sotto il gazebo, l’avvocato Francesco Ieno gusta un caffè con la moglie. «È una delizia - sorridono -. Sembra di essere tornati alla vita, ma adesso servono prudenza e buonsenso da parte di tutti». Alle loro spalle, una signora si fa il segno della croce con il gel per le mani, mentre varca l’ingresso della gelateria: benedetta normalità.

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