La banda della Lanterna era legata ai clan, nuovo arresto per il ragazzo dello spray. In carcere il padre di uno dei colpevoli

Ugo Di Puorto, per lui un nuovo arresto
Ugo Di Puorto, per lui un nuovo arresto
di Federica Serfilippi
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Martedì 19 Ottobre 2021, 04:30 - Ultimo aggiornamento: 16:06

ANCONA - Un diverbio con un coetaneo, l’aggressione e poi l’ipotesi di chiudere definitivamente i conti con un’arma da fuoco. Nuovi guai per Ugo Di Puorto, il 21enne di origine campana già condannato in primo grado a 12 anni e 4 mesi di reclusione per la strage alla Lanterna Azzurra di Corinaldo. L’ulteriore filone giudiziario è stato sciolto dalla procura di Bologna (Direzione Distrettuale Antimafia) per fatti accaduti nel maggio 2019, nel Modenese, cinque mesi dopo la tragedia in discoteca, dove persero la vita cinque minorenni e una giovane mamma e rimasero ferite circa 200 persone.

 
Ieri mattina, Ugo Di Puorto (già detenuto in carcere) è stato raggiunto dall’ordinanza di custodia cautelare assieme ad altre tre persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di lesioni personali, detenzione abusiva di armi e munizioni, ricettazione, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e violenza privata. Il provvedimento restrittivo ha colpito anche Giovanni Mormone, padre di Raffaele, un altro giovane condannato per la strage di Corinaldo. Mormone senior è finito in carcere. Massima misura cautelare anche per Di Puorto (già dietro le sbarre, incastrato dal Dna come colui che ha azionato la bomboletta spray alla Lamterna Azzurra) e per un 50enne operaio di origine campana. Un quarto uomo, 40enne, è stato collocato ai domiciliari.


La procura ha contestato l’aggravante mafiosa. Questo perché, stando agli inquirenti, il trio a cui si sarebbe rivolto Di Puorto per aiutarlo nel regolamento di conti sarebbe legato al clan dei Casalesi. Il 21enne casertano, infatti, è il figlio di Sigismondo (detto Sergio), quest’ultimo detenuto in regime di alta sorveglianza poiché ritenuto dagli investigatori, fino al suo arresto avvenuto nel 2010, punto di riferimento della cosca campana per la provincia di Modena.

Le misure cautelari di ieri sono state adottate dopo le perquisizioni domiciliari avvenute nel Modenese lo scorso marzo e finalizzate a rinvenire armi.

Due pistole, con relative munizioni, erano state trovate nel domicilio dell’operaio campano di 50 anni. Erano risultate essere rubate nel 2015 e nel 2017, in due diverse abitazioni di Ferrara e Bologna. Contestualmente, i carabinieri avevano sequestrato all’operaio 230 grammi di cocaina. L’operazione dei carabinieri di Modena ha ricevuto l’assist dei colleghi del Nucleo Investigativo di Ancona. È dalle intercettazioni eseguite nell’inchiesta per la strage alla Lanterna Azzurra che si è arrivati al filone emiliano. Le conversazioni dei sei rapinatori, tutti condannati in abbreviato dal gup nel luglio del 2020, registrate dai militari per buona parte del 2019 avevano fatto emergere la possibile presenza – nell’area modenese - di una o più pistole. 


In particolare, in un dialogo si sarebbe fatto riferimento a un’arma da utilizzare per un regolamento di conti (che nulla ha a che fare con la tragedia di Corinaldo). In particolare, stando a quanto ricostruito dai carabinieri, Di Puorto, dopo aver avuto un diverbio per futili motivi, aveva malmenato un giovane del posto con calci e pugni, per poi interpellare gli altri destinatari del provvedimento cautelare affinché – dice la procura - gli procurassero un’arma da utilizzare per risolvere la controversia e conducessero la vittima dinanzi al suo stesso aggressore. Le persone a cui il 21enne avrebbe chiesto aiuto, per gli inquirenti, si sarebbero messi a “disposizione” del clan mafioso. 

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