Corinaldo, strage in discoteca:
trappola mortale all'uscita numero 3

Corinaldo, strage in discoteca: trappola mortale all'uscita numero 3
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Domenica 3 Febbraio 2019, 07:30
ANCONA - Una trappola mortale, piuttosto che una via di fuga verso la salvezza. Un’uscita di sicurezza priva delle dimensioni minime richieste, neanche per i 459 spettatori di capienza ufficiale, con una rampa in discesa irregolare, resa insidiosa da parapetti senza sostegni stabili e da una pendenza superiore al consentito (12%), senza corrimano, priva di indicazioni ben visibili, specie di notte, con dei gradini finali troppo alti (19-20 sm) e ad alzata variabile e disomogenea. L’ideale per cadere a terra, calpestarsi, ostacolare la fuga. Maledetta quell’uscita numero 3, sul retro della discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, dove nella notte tra il 7 e l’8 dicembre scorso si sono accalcati a centinaia per non respirare quell’aria irritante che faceva tossire e lacrimare. E dove sono morti cinque adolescenti tra 14 e 16 anni e una mamma di 39 anni arrivati a Corinaldo per assistere allo spettacolo del trapper Sfera Ebbasta.
  
Dai primi sopralluoghi dei periti nominati dalle due Procure che indagano (ordinaria e dei minori), dalle relazioni preliminari del consulente tecnico delle parti offese, emerge che l’uscita di sicurezza dove s’è verificata la calca infernale fosse inadeguata a consentire un’evacuazione ordinata dal locale. O addirittura, come ipotizza il perito che assiste la difesa delle vittime, quell’uscita di sicurezza, non poteva proprio essere autorizzata, in quanto frutto di errate valutazioni e lacune progettuali.

Per questo ora gli avvocati dei familiari dei sei morti della Lanterna Azzurra chiedono alla Procura della Repubblica di alzare il livello dell’indagine ipotizzando il reato di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose non solo nei confronti di proprietari del locale, dei gestori e del responsabile della security - tutti già indagati insieme al ragazzino che avrebbe spruzzato lo spray - ma anche per chi ha dato via libera al locale, anche approvando il piano di sicurezza ed evacuazione proposto dalla società che gestisce la Lanterna. Nel mirino c’è l’iter che ha portato al rilascio da parte dello Sportello Unico delle attività produttive dell’Unione dei Comuni di Corinaldo e Castelleone di Suasa sia della licenza di agibilità per l’immobile di Via Madonna del Piano, firmata il 30 maggio 2014, sia dell’autorizzazione, del 20 ottobre 2017, per lo svolgimento di attività di pubblico spettacolo all’interno della discoteca.
Nelle istanze rivolte alla Procura dai legali delle famiglie, si chiede anche di verificare la correttezza del parere favorevole espresso il 12 ottobre 2017 dalla Commissione Comunale Unificata di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, accertando le ragioni per le quali la rampa sopraelevata dell’uscita 3 non sia stata mai oggetto prima della tragedia di adeguamento, prescrizione e controllo. Un primo risultato, in attesa che la Procura valuti le loro istanze, gli avvocati sono già riusciti a ottenerlo, allargando il raggio di indagine dei consulenti tecnici d’ufficio, il colonnello del Genio dei carabinieri Marcello Mangione e il professor Costanzo Di Perna, ordinario di Fisica tecnica ambientale alla facoltà dorica di Ingegneria. Dovranno anzitutto, come chiesto dal procuratore capo Monica Garulli, verificare la rispondenza dei luoghi all’autorizzazione per il pubblico spettacolo rilasciata nell’ottobre 2017, accertando se fossero rispettate le prescrizioni indicate nel piano di emergenza e di evacuazione approvato dalla Commissione di vigilanza. Ma dovranno rispondere anche a un quesito del procuratore dei minori Giovanna Lebboroni, che chiede di verificare le «caratteristiche di posizionamento, dimensioni, sviluppo e soprelevazione» del percorso di uscita numero 3, «in relazione alla sua idoneità a funzioni di pubblica sicurezza quale via di esodo».
Troppi ostacoli
Proprio affinché si indaghi sulle vie di fuga autorizzate nel 2017, i legali delle famiglie hanno aggiunto delle osservazioni al verbale di sopralluogo dell’11 gennaio scorso svolto insieme ai consulenti della Procura. Gli avvocati Federica Ferro (che con l’avvocato Romina Ferro assiste i figli e il marito di Eleonora Girolimini), Roberto Gusmitta (legale della famiglia Pongetti) e Luca Pancotti (famiglia Fabini) hanno evidenziano il percorso a ostacoli affrontato quella tragica notte dai fuggitivi della Lanterna Azzurra. Come ad esempio una porta di sicurezza non visibile dalla rampa che «costringe ad un angolo di curvatura di circa 270 gradi», senza neanche «beneficiare di illuminazione appropriata, con insidie dovute a transenne e scale in discesa, per sterzare a destra senza visibilità dell’ulteriore porta di uscita, rimanendo imbottigliati ed in coda senza supporto per il flusso ordinato». E una volta fuori, chi riusciva a non essere calpestato, sfociava in «un cortile circoscritto da recinzione metallica senza indicazione alcuna della prosecuzione della via d’esodo verso un punto sicuro di ritrovo esterno». Nessuno se ne era accorto prima?
 
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