ANCONA - L’episodio della barista cinese che, ligia all’ordinanza anti-alcol, invece di servire una bottiglia di birra a un cliente ubriaco gliel’ha spaccata in testa (a suo dire per difendersi da un’aggressione) è solo l’ultimo atto di un’escalation di violenza che ha gettato di nuovo il Piano nella paura. Il tutto nella settimana in cui i controlli sono stati intensificati, con pattugliamenti, denunce e raffiche di identificazioni.
Ma evidentemente le prove muscolari non sono sufficienti. Serve altro per restituire serenità e una nuova identità a un quartiere dove l’integrazione non si è mai compiuta e gli stranieri, ormai, hanno superato per numero e presenze gli anconetani. Già, ma cosa inventarsi? Un’idea Francesco Javarone ce l’ha.
La proposta
«Affrontiamo un fenomeno senza precedenti in un luogo in cui convivono oltre 100 etnie - spiega il gioielliere presidente dell’associazione esercenti piazza d’Armi e Piano San Lazzaro -.
La formula
Eventi+controlli: è questa la formula vincente per il rilancio del quartiere più multietnico della città. «C’è bisogno di un piano strategico per favorire l’integrazione - sottolinea Chiara Frattini, vice presidente del Ctp6 -. Parliamo di un rione ormai ghettizzato, dove vietare il consumo di alcolici in strada o organizzare pattugliamenti non basta a risolvere i guai: occorre un intervento strutturale, a partire dalle scuole, in modo che le diversità diventino una risorsa, non un problema». Ma i residenti chiedono anche risposte immediate. Per questo invocano una maggiore presenza delle divise. «La questura metta in campo dei poliziotti in borghese perché la situazione, invece di migliorare, negli ann è peggiorata», incalza Egildo Messi, presidente del Ctp6. E intanto in prefettura è stata depositata la raccolta firme (oltre 200) promossa dal Comitato Antidegrado per chiedere più sicurezza. «A qualcosa è servita perché abbiamo subito notato un incremento delle forze dell’ordine - dice il promotore dell’iniziativa, Fabio Mecarelli -. Ma ora serve una presenza fissa: vogliamo il ritorno del poliziotto di quartiere».
La rapina
Cristina Guardianelli, titolare della Bottega Isabella Colussi in via Giordano Bruno, due anni fa ha subito una rapina: nessuno più di lei ha sete di sicurezza. «Tutti puntano il dito contro gli stranieri, ma la nazionalità non c’entra - argomenta -. I problemi di questo quartiere nascono dal fatto che i negozi stanno chiudendo tutti e circola sempre meno gente. Il Comune dovrebbe dare un’impronta precisa al commercio per favorire aperture che, però, non si limitino alla macelleria o all’ortofrutta straniero. Serve un’osservazione più attenta e strategica. Speriamo che con l’attuazione del progetto del nuovo mercato coperto in piazza d’Armi il Piano riacquisti un po’ di luce, quella che è venuta meno con la chiusura di tante attività».