Cinzia-Fabiana, la vita in un abbraccio
«Ma io ho fatto soltanto il mio dovere»

Cinzia-Fabiana, la vita in un abbraccio «Ma io ho fatto soltanto il mio dovere»
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Martedì 13 Agosto 2019, 03:15
ANCONA - «Ho cercato Fabiana tra gli ombrelloni dopo aver letto sul vostro giornale il suo desiderio di vedermi. L’ho trovata e ci siamo abbracciate. Mi ha ringraziato all’infinito, ma io ho fatto solo il mio lavoro. Aiutare le persone, per me, è routine». Sono le parole di Cinzia D’Arcangelo, l’infermiera di Torrette (lavora in Clinica Cardiologica) che domenica 3 agosto ha contribuito a salvare la vita alla commerciante 51enne anconetana andata in shock anafilattico sulla spiaggia di Palombina dopo aver sentito l’odore di una pesca, frutto che le ha scatenato una potente allergia, combattuta solo grazie al cortisone. 

 

Fabiana, entrata in codice rosso al pronto soccorso e dimessa dopo una notte in osservazione, aveva espresso il desiderio di poter ringraziare personalmente l’infermiera, originaria di Chieti ma da tanti anni nel capoluogo. Per questo, aveva lanciato un appello. Raccolto a una settimana esatta dalla sventata tragedia. 

«Domenica scorsa – racconta Cinzia – sono andata a Palombina con mia sorella. Appena sono arrivata nel mio stabilimento, un amico mi ha mostrato l’articolo uscito sul Corriere Adriatico che riportava la vicenda di Fabiana. L’ho letto e mi è venuta la pelle d’oca, perché non m’aspettavo che qualcuno mi volesse ringraziare per un gesto così semplice, che fa parte del mio lavoro quotidiano. Poco dopo, il bagnino mi ha accompagnato a cercarla. Era in uno stabilimento attiguo al mio. Quando ho incrociato il suo sguardo, in un primo momento non mi ha riconosciuta, ma poi ha capito che io ero quella Cinzia che stava cercando». L’indecisione è dovuta al fatto che la 51enne aveva perso i sensi per qualche minuto. Solo alla terza pasticca di cortisone aveva riaperto gli occhi. «Ci siamo abbracciate tanto – continua l’infermiera - Mi ha ringraziato. Assieme a lei c’erano i suoi familiari, presenti anche il giorno dello shock. Forse per lei rappresento qualcosa di importante, ma per me è normale aiutare le persone in difficoltà. Quel giorno non potevo far altro che intervenire. Come si fa a non dare una mano?». 

A spingerla verso lo stabilimento di Fabiana era stato il figlio di 7 anni. Si era accorto che qualcosa di strano stava accadendo. Così, sono andati a vedere. «Mi sono qualificata come infermiera. Ho visto Fabiana che non rispondeva agli stimoli. Così, ho iniziato a somministrare il cortisone che aveva in borsa. Ci sono volute tre pastiglie prima che riaprisse gli occhi. Le ho dato un po’ d’acqua, poi sono arrivati i militi che hanno la postazione in spiaggia. Non ho fatto nulla di eclatante. Sono solo contenta che Fabiana stia bene».
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