Senigallia, Nicole e la casa distrutta dal fango. «Quante persone si sono mobilitate, il dolore si è trasformato in luce»

Senigallia, Nicole e la casa distrutta dal fango. «Quante persone si sono mobilitate, il dolore si è trasformato in luce»
Senigallia, Nicole e la casa distrutta dal fango. «Quante persone si sono mobilitate, il dolore si è trasformato in luce»
di Sabrina Marinelli
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Lunedì 26 Settembre 2022, 05:50

SENIGALLIA - Fango e solidarietà a casa di Nicole nella vana attesa dei soccorsi. I senigalliesi con l’ultima alluvione si sono riscoperti una comunità forte e unita. Nicole Stefanini ha 24 anni e vive in via Corinaldese 109, una zona particolarmente colpita. «A cinque giorni dall’ondata di piena e circa un milione di chiamate a Regione, Comune e protezione civile – racconta in una lettera al Corriere Adriatico – un amico, la cui casa è stata completamente sommersa, ha deciso comunque di venire ad aiutare a sgomberare le strade e il piazzale davanti alle nostre case, permettendo all’acqua di fluire nei campi e non vanificare gli sforzi di quattro giorni di lavoro». 

 
Lo sfogo


Non vuole fare polemica o puntare il dito. «E’ una situazione difficile e nessuno mette in dubbio che lo sia anche la sua gestione. Detto questo, mi sembra evidente che qualcosa non funzioni. Dopo l’alluvione del 2014, credo che ciò che è successo ora potesse essere gestito in maniera diversa. La priorità dovrebbe essere la tutela fisica e mentale. Dire a una persona, che ha appena perso tutto, che i soccorsi stanno arrivando, che qualcuno è stato mandato ad aiutare, per poi non presentarsi equivale a danneggiare per l’ennesima volta il suo stato mentale ed emotivo. La loro dignità dovrebbe avere la precedenza». 
Un aspetto positivo però c’è. «C’è un lato bello, comunitario, solidale e genuino.

Le persone si sono mobilitate per aiutare come potevano, persone che non erano state coinvolte direttamente, che venivano da fuori città, che avevano perso qualcosa ma volevano comunque aiutare gli altri». Nicole ricorda quando sono riusciti a rientrare in casa. «Abbiamo trovato fango, mobili ribaltati e una padella con delle polpette al sugo di nonna che galleggiava in giardino. Pensavo a quanto sarebbe stato doloroso vedere i ricordi distrutti. Contro ogni aspettativa, però, ho trovato una casa piena di persone, amici e non, che spostavano mobili e inventavano metodi per togliere l’acqua, arrangiandosi con i pochi strumenti che avevano. Quella sensazione di dolore che tanto temevo non la sentivo, perché la mia casa era piena di luce, di vibrazioni belle, di persone che hanno deciso di non arrendersi. Non posso che essere grata per tutto questo, con la certezza che la testardaggine della nostra comunità le permetterà per l’ennesima volta di rialzarsi».

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