Banca Marche e quelle «similitudini con Sindona: prestiti a imprese prive di garanzie»: la requisitoria della procura

Banca Marche e quelle «similitudini con Sindona: prestiti a imprese prive di garanzie»
Banca Marche e quelle «similitudini con Sindona: prestiti a imprese prive di garanzie»
di Federica Serfilippi
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Martedì 20 Settembre 2022, 03:30 - Ultimo aggiornamento: 15:52

ANCONA «Le condotte fraudolenti messe in atto sono molto simili, dal punto di vista strutturale e fattuale, a quelle della Banca Privata Italiana». A creare un parallelismo tra Banca Marche e l’istituto di credito gestito da Michele Sindona è stato il pubblico ministero Andrea Laurino, ieri impegnato nella lunga e complessa requisitoria che porterà, probabilmente a dicembre, alla sentenza del processo sul crac miliardario della banca dichiarata fallita dal tribunale nel marzo del 2016. Ieri è partita la fase finale del procedimento, iniziato nel novembre del 2017, se si considera l’udienza preliminare.  


La prossima tappa


La requisitoria della procura non è ancora finita: terminerà il prossimo lunedì con le richieste, di condanna o assoluzione, per i tredici imputati, tutti ex vertici di Banca Marche e della controllata Medioleasing. La discussione è iniziata con l’acceleratore, quando il pm Laurino ha utilizzato la similitudine con la Banca Privata Italiana, facendo anche riferimento alla sentenza della Cassazione per la bancarotta dell’istituto di credito che aveva sede a Milano. Stando al pm Marco Pucilli, anche lui nel pool dell’accusa con la collega Serena Bizzarri, nel periodo preso in esame dagli investigatori della Guardia di Finanza ci sarebbero stati in Banca Marche «concessioni di credito continuative e indiscriminate a soggetti non affidabili, perchè non avevano le adeguate garanzie». 
Ha inoltre ricordato come molte imprese fossero già «in difficoltà e in perdita (come quelle del gruppo Lanari) al momento dell’erogazione e della prosecuzione dei prestiti».

Tra l’altro, ha sempre detto il dottor Pucilli, «Bankitalia fin dal 2006 aveva preso atto che era prassi rinnovare e ampliare finanziamenti senza aggiornare la situazione dello stato e delle garanzie delle imprese». Tali condotte «si sarebbero riversate in maniera decisiva sui bilanci di Banca Marche, dove si erano venute a creare situazioni in bonis (quando invece non lo erano, ndr) in maniera del tutto artificiosa».


I testimoni 


Nella requisitoria sono stati citate le deposizioni testimoniali degli ex consiglieri Grassano e Cesarini: i due avevano sostenuto come i documenti per l’apertura e il rinnovo del credito erano messi a disposizione del cda poco prima della seduta. In pratica, «era impossibile prendere atto dell’istruttoria per la mole e la complessità dei documenti». È stata ricordata dalla procura tale frase: «le pratiche di fido erano presentate in maniera sciatta», in maniera tale che il cda «non poteva obiettare, tanto che non venivano quasi mai chiesti chiarimenti». 
Alcuni imputati hanno deciso, nel corso della lunga istruttoria, sottoporsi all’esame, chiesto dalla procura, dai loro avvocati oppure dai legali che assistono le quasi 3mila parti civili. È stato sentito anche l’ex direttore generale Massimo Bianconi . «Non mi sono mai permesso di forzare una decisione. Mai sono andato in filiale per accelerare i pareri sulla concessione del credito. Se qualcuno veniva da me per presentare un progetto e chiedere una collaborazione a Banca Marche, rispondevo sempre di rivolgersi alla filiale di riferimento con la documentazione necessaria ad avviare la pratica» il sunto della deposizione dell’ex manager.

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