Armato di machete semina il panico
Una donna salva grazie all'ombrello

Armato di machete semina il panico Una donna salva grazie all'ombrello
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Mercoledì 3 Settembre 2014, 10:44 - Ultimo aggiornamento: 4 Settembre, 11:58

ANCONA - Urlava parole incomprensibili nella sua lingua, ma quando voleva farsi capire si esprimeva in inglese.

“Vi ammazzo tutti, italiani di m...”. Poi riferimenti al diavolo. E ancora, frasi di sfida: “Vieni a vedere la sua testa” ha gridato a un fotografo, facendo segno di voler decapitare il capitano Mauro Epifani che con un gesto eroico è riuscito a braccare, rischiando la sua stessa vita, Precious Omobogbe, il 25enne nigeriano che lunedì per quasi due ore (dalle 19,25, prima di venti chiamate al 112, alle 20,50, momento dell’arresto) ha messo sotto scacco il centro di Jesi, ed è stato arrestato per tentato omicidio, lesioni personali, danneggiamento aggravato, furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale.

Mentre scappava, ha tentato di sferrare un colpo di machete sulla testa di una badante romena di 54 anni.

La donna, che stava percorrendo via Costa Mezzalancia e ha denunciato il fatto solo ieri, è stata salvata dall'ombrello aperto che teneva in mano e che ha attutito il colpo: lei è caduta a terra provocandosi solo escoriazioni.

“Siamo stati fortunati” sospira Epifani, ferito di striscio al fianco sinistro dalla lama di 35 centimetri di uno dei due machete branditi dal ragazzo (ne aveva rubati sei rompendo con un sasso la vetrina dell’armeria “L’arrotino” di via Colocci), mentre sembrava essersi arreso sulle scalinate della chiesa di San Pietro Apostolo.

In realtà, l’atto di coraggio del comandante dei carabinieri di Jesi ha evitato una possibile strage, un remake del caso Kabobo, il ghanese che nel 2013 a Milano uccise a picconate tre passanti, senza un perché. Apparentemente senza perché anche il gesto di Precious. Ma forse una pista c’è. E non riguarda la presunta instabilità mentale, visto che era stato giudicato capace di intendere e di volere dalla perizia psichiatrica a cui era stato sottoposto dopo aver minacciato con un machete l’ex compagna, l’11 agosto, ultimo di 4 arresti in 8 mesi (gli altri a Bologna, Pistoia e Fossato di Vico).

Piuttosto, dall’esame tossicologico consegnato al Pm Valeria Sottosanti sarebbero emerse tracce di alcol e di oppiacei nel sangue. Insomma, Precious ha agito in uno stato psicofisico alterato nel momento in cui è uscito di casa in viale della Vittoria con un coltello lungo 23 centimetri per poi munirsi di due machete e minacciare i passanti nel centro di Jesi. Dopo un’ora di inferno, in cui è stato anche ferito di rimbalzo alla gamba (e operato ieri a Jesi, prognosi di 10 giorni) da uno dei tre colpi esplosi da un agente di polizia quando ha forzato un cordone di fronte all’ex Sima, è stato bloccato quando è salito sulle scalinate della chiesa in piazza Franciolini sperando di barricarsi lì dentro. Ma l’ha trovata chiusa, circondato da 14 tra carabinieri e poliziotti.

Poi l’intervento provvidenziale del capitano Epifani. “Abbiamo chiamato la madre del ragazzo che ha provato a farlo desistere - racconta Epifani -. Quando ha avuto un momento di esitazione e sembrava deciso a lasciare i machete a terra, mi sono avvicinato facendo il gesto di volerlo abbracciare. Sembrava fatta, ma all’improvviso ha ripreso un machete e ha provato a colpirmi: non avevo il giubbetto antiproiettile, mi ha preso di striscio perché non ha avuto il tempo di caricare il colpo”. A quel punto sono intervenuti, bloccando l’uomo, il brigadiere Gabriele Di Francesco e il maresciallo Fabio Del Beato, rimasti lievemente feriti nella colluttazione. Il nigeriano (difeso dall’avvocato Elisabetta Nicolini) prima aveva danneggiato una civetta e un’auto di servizio. “C’è stata una serie di coincidenze favorevoli - continua Epifani -. Ad esempio, pioveva molto e a quell’ora c’era poca gente in giro. E poi la chiesa dove voleva entrare era chiusa. Per fortuna non è entrato nel centro commerciale Il Torrione, altrimenti avrebbe potuto fare una strage”.

Era fuori di sé Precious, urlava frasi incomprensibili, minacciava chiunque di morte. “Abbiamo valutato l’ipotesi di sparargli - confessa Epifani - per tutelare l’incolumità pubblica”. “La vicenda poteva avere risvolti tragici” chiosa il colonnello dei carabinieri Luciano Ricciardi, comandante del Reparto operativo di Ancona che ha illustrato l’operazione insieme ad Antonio Massara, dirigente del commissariato di Jesi. Il nigeriano è ancora ricoverato in ospedale.

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