«Voleva strangolare la ex con una corda». A giudizio, per l’accusa è tentato omicidio. Ma la prima udienza sarà solo a marzo 2023

«Voleva strangolare la ex con una corda». A giudizio, per l’accusa è tentato omicidio. Ma la prima udienza sarà solo a marzo 2023
«Voleva strangolare la ex con una corda». A giudizio, per l’accusa è tentato omicidio. Ma la prima udienza sarà solo a marzo 2023
di Federica Serfilippi
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Martedì 8 Dicembre 2020, 12:40

ANCONA -  Avrebbe tentato di strangolare l’ex compagna stringendole una corda al collo. È questa l’accusa che la procura muove a Mirco Bracaccini, 59enne anconetano rinviato a giudizio ieri mattina dal gup Francesca De Palma per il reato di tentato omicidio. Il procedimento è una costola dell’inchiesta che nel maggio 2019 aveva portato in manette il 59enne per maltrattamenti. Era stato arrestato dalla Squadra Mobile mentre si trovava in Slovenia. In entrambi i fascicoli, la vittima risulta essere la sua ex compagna: una 54enne senigalliese che ieri si è costituita parte civile con l’avvocato Alessandro Calogiuri. 

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Pretende un risarcimento di 100mila euro. Per i maltrattamenti, il giudizio è già stato definito: in primo grado Bracaccini è stato condannato a cinque anni e quattro mesi, pena ridotta a tre anni e mezzo in appello (tenuto conto anche dell’accusa di stalking nei confronti dei figli della ex). In Cassazione, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Al momento del primo verdetto, il giudice aveva rimesso gli atti alla procura per valutare l’episodio risalente al luglio 2018, quello in cui secondo la procura si sarebbe maturato il tentato omicidio: Bracaccini (ora ai domiciliari) avrebbe cercato di uccidere la 54enne stringendole una corda al collo, all’apice di un litigio avvenuto in auto, a Sirolo. 

La donna aveva messo fine alla violenza conficcandogli prima un ago sulla coscia, poi stordendolo con un pugno.

In udienza preliminare, il difensore Andrea Natalini ha mostrato al gup una corda simile a quella descritta dalla vittima, mettendo in dubbio le sue parole. Per il legale, dato lo spessore, sarebbe stato impossibile nascondere la fune nel veicolo o nella tasca di un capo d’abbigliamento. L’avvocato Calogiuri presenterà istanza al presidente del tribunale per anticipare il processo, fissato per il 2 marzo 2023: «Reati come questo, commessi nei confronti di soggetti vulnerabili, devono avere una concreta priorità di trattazione. Il rischio che corriamo è di lasciare vite sospese in attesa di un giudizio che non si sa quando verrà definito». 

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