«Prostituirsi era la regola del night». Giro di squillo, arriva la condanna per il gestore

«Prostituirsi era la regola del night». Giro di squillo, arriva la condanna per il gestore
«Prostituirsi era la regola del night». Giro di squillo, arriva la condanna per il gestore
di Federica Serfilippi
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Sabato 21 Gennaio 2023, 06:15

ANCONA  - Una condanna e due assoluzioni. È terminato così il processo incardinato per fare luce su un presunti maxi giro di prostituzione avviato tra il 2015 e il 2017 in due night club, tra Senigallia e Marina di Montemarciano. Il collegio penale ha condannato a un anno e quattro mesi di reclusione, pena sospesa, un senigalliese di 68 anni, identificato come il gestore dei due locali.

Le assoluzioni sono arrivate per una squillo marocchina di 37 anni e per un senigalliese di 66 anni, accusato principalmente dalla procura di gestire gli alloggi dove dormivano le lucciole e di far loro da autista per portarle nei due locali notturni.

Si procedeva, a vario titolo, per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. 


La ricostruzione


Nel corso dell’udienza che si è tenuta prima del verdetto, a sfilare in aula erano state alcune ballerine. All’epoca dei fatti avevano lavorato nei night finiti al centro dell’indagine coordinata dal pm Rosario Lioniello e avviata con un semplice controllo eseguito in una casa di Falconara, dove viveva un gruppo di lucciole. A seguito di un diverbio con le coinquiline, una marocchina aveva chiamato i carabinieri di Collemarino. «Cosa succedeva nel locale? Ci facevano prostituire» aveva detto una donna dominicana, riferendo di aver lavorato per il locale di Marina. E ancora: «C’erano i privé per il sesso. C’erano due vie: o il cliente stesso invitava la ragazza, oppure eravamo noi a chiedere». Ma una cosa sembrava essere chiara: «Era la regola del locale, ci si doveva prostituire». 


I prezzi


Si era parlato delle cifre per la prestazione. Solitamente, si aggirava sui 200 euro. «I clienti potevano pagare direttamente in cassa prima di andare nel privé. Cento euro rimanevano a noi, gli altri cento andavano al gestore. Si faceva a metà». A testimoniare era stata anche un’altra ballerina, di origine marocchina, collegatasi al tribunale via web, essendo detenuta in un carcere sardo. Aveva lavorato al night di Marina solo per una sera.

«Ero arrivata per lavorare come ballerina e accompagnatrice - aveva raccontato - come prevedeva il mio contratto: avrei dovuto prendere 60 euro a sera. Poi, invece, una volta arrivata al locale ho capito che era tutto diverso: avrei dovuto fare sesso con i clienti nel privé. E io non volevo, volevo tornare a casa mia. Quella sera un cliente è andato in escandescenza perché nel privé non volevo fare sesso per 200 euro. Lui era andato a lamentarsi con il cameriere, che poi mi aveva spiegato che lì si doveva fare sesso e che il gestore pretendeva una quota».

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